約 2,473,923 件
https://w.atwiki.jp/oper/pages/3456.html
このテンプレはポリウト方式で作成されています。 こちらの役名一覧に和訳を記載して管理人までお知らせください。 ATTO PRIMO Scena Prima (Sala regia. Trono. Norfolk, Guglielmo e cavalieri, situati in ordine, attendono l'arrivo della regina. Guardie) ▼CORO▲ Più lieta, più bella apparve l’aurora; malefica stella dal cielo sgombrò. Del raggio di pace il sole s’indora; di Marte la face estinta restò. ▼NORFOLK▲ (Fra sè) Oh voci funeste, che aborre quest’alma! La rabbia m'investe più calma non ho. (Il suono de’ militari strumenti in distanza, che si avvicina di grado in grado, annunzia l’ingresso in cittá delle armi vittoriose condotte da Leicester) ▼CORO▲ Udite… S’avanza l’invitto campione, de’ cori speranza, delizia d’Albione, d’Elisa sostegno, del regno splendor. ▼NORFOLK▲ (Fra sè) Che smania! che affanno! Destino tiranno! Avvampo di sdegno, m’uccide il dolor. Recitativo ▼GUGLIELMO▲ (Tirando Norfolk in disparte) Nel giubilo comun, signore, tu solo parte non prendi in si felice giorno. Perchè? Rimira intorno vedi qual gioia a ognun siede sul ciglio. ▼NORFOLK▲ (Fra sè) Importuno! (Forte) Guglielmo, s’io godo al comun bene, lo sa il Ciel, tu lo sai, che appien conosci il sensibil mio cor. ▼GUGLIELMO▲ (Fra sè) Così potessi ignorar qual tu se’. ▼NORFOLK▲ Ma in veder che a’ trofei dell’anglico valore parte io non ho, mi reca affanno al core. ▼CORO E CAVATINA▲ (Elisabetta entra con seguito di dame, cavalieri, paggi e guardie. Tutti s’inchinano) ▼CORO▲ Esulta, Elisa, omai in giorno sì beato. Cangiò sembianza il fato; tutto cangiò per te. L’invitto eroe vedrai, deporti i lauri al piè. ▼ELISABETTA▲ Quant’è grato all’alma mia il comun dolce contento! Giunse alfine il bel momento che c’invita a respirar. ▼CORO▲ Dopo tante rie vicende, real donna, a pace in seno tu ritorni a riposar. ▼ELISABETTA▲ Questo cor ben lo comprende, palpitante dal diletto. (Fra sè) Rivedrò quel caro oggetto che d’amor mi fa brillar. ▼CORO▲ Possa ognor, felice appieno, teco l’Anglia giubilar. Recitativo e Coro ▼ELISABETTA▲ Grandi del regno, è questo il più bel giorno di mia vita. Coronò la vittoria agli Angli il crine. Del forte duce, a cui deve la patria ogni suo ben, risuona ovunque il nome, e tanta fama ei gode, che al suo merto è minor qualsiasi lode. Pur da noi non si lasci d'onorar la presenza di si nobil campion. Qui lo scortate. ▼GUGLIELMO▲ Ei s’affretta al tuo pi’e. ▼ELISABETTA▲ (Fra sè) Qual gioia! (Forte) Andate. (I grandi vanno all’ingresso a ricevere il vincitore; Norfolk a stento li segue; Elisabetta, assistita da Guglielmo, va sul trono. Leicester entra accompagnato da’ primari uffiziali, e seguito da più nobili Scozzesi, tra i quali sono Matilde, sotto spoglie virili, ed Enrico) ▼CORO▲ Vieni, o prode, qui tergi i sudori; con gli olivi di pace gli allori vieni il crine onorato a fregiar. Tutto cede al tuo braccio possente; per te riede ogni volto ridente; per te cessa ogni lungo penar. Recitativo ▼LEICESTER▲ Alta Regina, invano lo Scotto altero al nostro ardir si oppose. Col nome tuo sul labbro gli Angli pugnarono, e, al rimbombar delle armi, dal vincitor l’udía il nemico guerrier mentre pería. Di rea discordia omai spenta è la face. Al tuo poter soggiace chi spezzarlo tentò. D’uopo non hai più del nostro valore; onde al tuo piede del comando delle armi, che degnasti affidarmi, eccoti il segno. (Depone sui gradini del trono il bastone del comando) Esulti Elisa e teco esulti il regno. ▼ELISABETTA▲ Giovane eroe, quanto per me facesti, quanto a pro della patria usò finora del tuo gran cor la fede, d’ogni dono è maggior, d’ogni mercede. Obbligarlo non so. Ti appressa. Intanto abbiti questo pegno della grata alma mia. (Leicester si prostra, Elisabetta togliendosi dal petto un ordine cavalleresco, ne fregia di sua mano il duce) ▼LEICESTER▲ Oh generosa! ▼NORFOLK▲ (Fra sè) Oh rabbia! ▼MATILDE▲ (Fra sè) Oh gelosia! (Al cenno di Leicester si avanzano gli Scozzesi, e si prostrano alla Regina, resentandole i preziosi tributi che recano sopra de’ bacili da un bianco velo) ▼LEICESTER▲ Questi, sovrana eccelsa germi di chiara stirpe illustri ostaggi, proni al tuo soglio vedi. Que’ preziosi arredi ch’oggi t’invia la sottomessa Scozia… (Sospende il discorso nel riconoscere tra gli ostaggi la consorte ed il cognato) (Fra sè) Oh ciel!… che mai vegg’io… Stelle!… Matilde!… Enrico!… E un sogno il mio? ▼ELISABETTA▲ (Agli ostaggi) Sorgete. Entro la reggia avrete asilo. All’onorevol grado de’ paggi miei v’eleggo. (Scende dal trono) Londra festeggi in così lieto giorno delle nostre armi il fortunato evento; sia partecipe ognun del mio contento. (Elisabetta nel ritirarsi guarda benignamente Leicester, donandogli la mano da baciare. Norfolk freme; Matilde fa lo stesso; Enrico, che se ne accorge, fa cenno alla sorella d'esser cauta. Ognuno ritirasi fuorchè Leicester, il quale va sull’'ingresso ed ivi trattiene Matilde, ch’è l’ultima ad entrare, a fá che ella retroceda) Duetto ▼LEICESTER▲ Incauta, che festi! Seguirmi perchè? Gli affetti son questi d’amore e di fé? ▼MATILDE▲ La fede, l’amore guidano il mio piè; di sposa al timore ritegno non v'è. ▼LEICESTER▲ Ma in tanto periglio… ▼MATILDE▲ Non basta consiglio. ▼LEICESTER▲ Ah! Trema per te! ▼MATILDE▲ Sol tremo per te! ▼A DUE▲ Che palpito io sento! Che crudo tormento! Perplesso/perplessa, me stesso/stessa non trovo più in me. Recitativo ed Aria ▼LEICESTER▲ Sconsigliata! e non sai che del tuo sangue la nemica maggior qui si ritrova? Chi mai trasse a questo passo orribil, funesto? ▼MATILDE▲ Ahi! sposo… appena fosti da me diviso, fama suonò che amore, e l'amor più tenace, Elisabetta per Leicester nutria. Qual fosse, oh Dio, allor l’affanno mio, chi spiegar mai potrebbe?… Ah! viene Enrico. (Entra Enrico) ▼LEICESTER▲ Tu, mio congiunto e amico, di cotanta imprudenza potesti mai complice farti? ▼ENRICO▲ Ah! Taci. Ella te’l dica; usai ogni opra, ogni consiglio per distorla, ma invan. Vedendo troppo ostinato quel cor, volli seguirla, pensando in queste mura, colla presenza mia, farla sicura. ▼LEICESTER▲ Vana speranza! E non pensate, incauti, che di Maria Stuarda qui proscritt’á è la prole? Ch’Elisabetta vuole del vosro sangue il germe appien distrutto? ▼MATILDE▲ Oh Dio! ▼ENRICO▲ Fa cor, diletta suora; l’avvenir men funesto lo spero ancora. ▼LEICESTER▲ Separarci convien. Destar sospetto il favellar qui a lungo ora potria. Seguila, Enrico; ad ambo la prudenza or sia guida, e poi di nostra sorte il ciel decida. (Fra sè) Vadasi in traccia di Norfolk, del caro verace amico in cui pongo ogni speme; ei sol può invigorir un cor che geme. (Parte) ▼ENRICO▲ Andiam. Vuole il destino, che teco io resti al fianco di colei, che degli affanni nostri fu primiera cagion. ▼MATILDE▲ Questo, o germano, è il dolor che mi uccide. ▼ENRICO▲ D'uopo abbiam il coraggio. Forse d’esperanza un raggio il ciel pietoso fia che vibri per noi. ▼MATILDE▲ Sperar non oso. Sento un’interna voce che in lagrimevol suono dice che nata io sono a piangere e penar. Ah! se tolto un sol momento tanto orror da me sarà, palpitar di bel contento questo core allor potrà. (Parte con Enrico) Scena Seconda (Appartamenti reali) ▼NORFOLK▲ (Fra sè) Che intesi! In queste stanze, inosservato, puoi, dolce amico, favellar. (Fra sè) Che gioia! (Forte) Prosegui. ▼LEICESTER▲ Un dì, dopo ostinata pugna, terribil oragan sorge improvviso. Da’ miei prodi diviso, in umile capanna m’è d’uopo ricovrar; quivi m’accoglie vecchio pastor; Matilde, che sua figlia credei, si offerse agli occhi miei vederla e amarla è l’opra d’un istante. Al nuovo giorno in campo io fo ritorno. Tutto in breve a me cede; ma, oh Dio! del vincitore in dolce schiavitù rimane il core. ▼NORFOLK▲ E come di Matilde sposo ti festi? ▼LEICESTER▲ Grato all’amistade di qual pastor, m’offersi contro all’ostil furor d’essergli schermo. Sento che illustre Scoto in lui si nascondea; allor gli chiedo la figlia in moglie; il vedo al mio discorso impallidir; comprendo che grave arcano ci cela prego, insisto; di Matilde e d’Enrico allor mi svela l’origine real… Puoi figurarti qual fu la mia sorpresa. All’amor mio, tanto tenace, amor quanto funesto, pietà s’aggiunse… Io già ti dissi il resto. ▼NORFOLK▲ A grave rischio, amico, i giorni tuoi, la gloria ponesti; ma fu colpa d’amore e amor fa la tua scusa. (Fra sè) Esulta o core! ▼LEICESTER▲ Sant’amistade tra gli affanni che io provo, almen qualche conforto in te ritrovo. (Parte) ▼NORFOLK▲ (Solo) Stelle! T’inganni. Ah! Meglio saria stato per te chieder aita al mar fremente, alle voraci belve, alle furie d’averno, che non ad un nemico, qual ti fui, qual ti son… (Vedendo giungere Elisabetta) M’offre vendetta la total ruina. (EIisabetta entra) Recitativo e Duetto Colmo di duol, Regina, d’un così lieto dì son io costretto la gioia a funestarti. ▼ELISABETTA▲ Come! ▼NORFOLK▲ Oh Dio! Favellar non poss’io… No; forza tanta in me non è. ▼ELISABETTA▲ Spiegati. ▼NORFOLK▲ Orrendo arcano, misera, udrai… Deh! lascia… Sì, lasciami tacer. ▼ELISABETTA▲ Parla. L’impongo. ▼NORFOLK▲ T’ubbidirò. Leicester… ▼ELISABETTA▲ Che! Leicester… ▼NORFOLK▲ Avvinto in nodo coniugal… ▼ELISABETTA▲ Che parli? ▼NORFOLK▲ Il ver. ▼ELISABETTA▲ Possibil mai!… Ah! T’ingannasti. ▼NORFOLK▲ No, non m’ingannai. D’un degli ostaggi sotto finte spoglie la sua sposa si asconde; l’accompagna il germano… Ambi son figli… ▼ELISABETTA▲ Prosegui… Ohimè! ▼NORFOLK▲ Mi manca al dir la voce. ▼ELISABETTA▲ Figli di chi? ▼NORFOLK▲ Ti nuoce il mio parlar. ▼ELISABETTA▲ Tutto saper io voglio. ▼NORFOLK▲ Figli a colei, che si t’offese il soglio. (Elisabetta, a queste ultime parole cade sopra una sedia ed ivi rimane immobile e come fuori di sé. Norfolk, con volto ipocrita, si avvicina) Perchè mai, destin crudele, costringesti il labbro mio!… Ma fedele a te son io mentre accuso un traditor. ▼ELISABETTA▲ Con qual fulmine improvviso mi percosse irato il ciel! Qual s’addensa orrendo velo che mi colma di terror! ▼NORFOLK▲ Deh! rammenta… ▼ELISABETTA▲ Taci… Oh Dio! ▼NORFOLK▲ Pensa al regno! ▼ELISABETTA▲ Oh Dio! Mi lascia! ▼NORFOLK▲ Sventurata! ▼ELISABETTA▲ Fiera ambascia! ▼NORFOLK▲ Per te geme questo cor. ▼ELISABETTA▲ Lacerar mi sento il cor. (Fra sè) Misera! A quale stato mi riserbò la sorte! Stato peggior di morte Pių fiero non si dà. ▼NORFOLK▲ (Fra sè) Reggimi in tale stato, deh non tradirmi o sorte! Vada il rivale a morte pago il mio cor sarà. (Ad Elisabetta) Regina, ormai decidi. ▼ELISABETTA▲ Sì, perirà l’indegno. ▼NORFOLK▲ (Fra sè) Sorte, a’ miei voti arridi. ▼ELISABETTA▲ Sgombri da me pietà. ▼A DUE▲ Quell’alma perfida non vada altera; del fallo orribile la pena avrà. Fra cento spasimi l’iniquo pera, a eterno esempio d’infedeltá. (Norfolk parte; entra Guglielmo) Recitativo ▼ELISABETTA▲ Guglielmo, ascolta. Pronte ad ogni mio cenno, sull’ingresso sien le reali guardie. Va! Ma pria qui Leicester invia… Trattienti… (Fra sè) Oh affanno! Dove io mi sia non so (Forte) Di Scozia i paggi tutti raduna in questo loco. ▼GUGLIELMO▲ Il cenno vado a compir. (Parte) ▼ELISABETTA▲ (seduta) Che penso, desolata regina? A che mai serve aver doma la Scozia e salvo il trono se un’infelice io sono? Sconoscente! Ei pur vide l’amor d’Elisabetta, e in laccio coniugal stringer pur volle della maggior nemica sua la figlia! Oh delitto!… Ma tremi l’iniqua coppia. Son regina e amante. Doppia vendetta… Ecco l’indegno… Oh istante! (Leicester viene da un lato; Matilde ed Enrico co’ giovani Scozzesi dall'altro. Leicester, che si sarà presentato con premura, nel vedere la moglie, si ferma ad un tratto; Matilde e Enrico vedendo Leicester fanno lo stesso; Elisabetta riconosce da’ moti e dalla confusione del volto la sua rivale ed il fratello) ▼LEICESTER▲ (Fra sè) Matilde! ▼MATILDE▲ (Fra sè) Oh cielo! ▼ENRICO▲ (Fra sè) Oh incontro! ▼ELISABETTA▲ (Fra sè) E dessa… Oh rabbia! (Forte) T'avanza, o duce… A che t’arresti? Io voglio men sommesso vederti. Ti è noto che il primo de’ miei fidi tu sei, che tal ti estimo. ▼LEICESTER▲ Regina… (Fra sè) Che dirō? Oh Dio (Forte) L’umil tuo servo… a tanta magnanima bont’a… (Fra sè) Mi perdo. ▼MATILDE▲ (Fra sè, facendo vedere la propria agitazione) Oh pena! ▼ENRICO▲ (All’orecchio di Matilde) Germana, ah! ti raffrena. ▼ELISABETTA▲ Non prosegui? (Dopo aver guardato a un tempo Leicester, Matilde ed Enrico) Eh! lascia omai quell'importun ritegno… (Fra sè) Geme, trema l'indegno. Oh piacer di vendetta!… (Forte) Ma coraggio or ti darà la stessa tua regina. Vieni, giovane eroe. ▼MATILDE▲ Ah! ▼ELISABETTA▲ (Al sospiro di Matilde benchè sommesso, si volta a guardarla; poi dice a Leicester ) Tavvicina. Se mi serbasti il soglio al campo dell’onor, darti mercede io voglio degna del tuo valor. (A cenno d’Elisabetta si avanza un guardia; la regina le parla in segreto) ▼LEICESTER▲ Donna real, deh! frena sė generosi accenti… ▼LEICESTER, MATILDE, ENRICO▲ (Fra sè) Oh Dio, resisto appena a palpiti frequenti del mio dubbioso cor. ▼ELISABETTA▲ (Fra sè) Benchè fra’ suoi tormenti, avrà vendetta amor. (Ritorna la guardia, recando un bacile coperto da un drappo) ▼LEICESTER▲ (Fra sè) Di qual mercè favella io non comprendo ancor. ▼ENRICO, MATILDE▲ (Fra sè) La mia perversa stella sempre divien peggiore. ▼ELISABETTA▲ (Che avrà furtivamente osservati i moti di Leicester, di Matilde e d’Enrico, ed i loro sguardi d’intelligenza, freme in segreto; si alza, poi, forzando se stessa, dice ) Eccoti, eroe magnanimo, d’un grato core il pegno te riconosca il regno per mio consorte e re. (Scopre il bacile indicato, che contiene lo scettro e la Corona. Leicester ed i suoi congiunti rimangono a tal vista oltremodo confusi ed abbattuti. Elisabetta gode del loro turbamento) ▼LEICESTER, MATILDE, ENRICO▲ (Fra sè) Qual colpo inaspettato a noi serbava il fato… Il gelo della morte tutto s’aduna in me. ▼ELISABETTA▲ (Fra sè) Al colpo inaspettato che lor serbava il fato il gelo della morte impallidir il fe’. (Dopo qualche pausa) Duce, in tal guisa accogli d’una regina il dono? ▼LEICESTER▲ (Tremante, fra sè) Oh ciel! (Forte) Deh!… Scusa… al trono vassallo umil non osa… ▼ELISABETTA▲ (Fra sè) Empio! ▼ENRICO▲ (Piano a Matilde) Ti frena. ▼MATILDE▲ (Fra sè) Che affanno! ▼ELISABETTA▲ (Fra sè) Anima rea! ▼A QUATTRO▲ (Fra sè) Spiegar il duol ch’io sento possibile non è. (Dopo breve scena muta, in cui andrà crescendo l’agitazione de’ due congiunti e d’Enrico, Elisabetta, non potendo pių raffrenarsi, proromperà come segue) ▼ELISABETTA▲ Ah! che più tollerar non poss’io un vassallo fellon, menzoniero. Or la benda dileguisi al vero ecco l’empia che infido ti fa. (Nel dire queste ultime parole, corre a Matilde, la prende per un braccio, trascinandola nel mezzo della scena) ▼LEICESTER▲ (Fra sè) Che mai vedo! ▼MATILDE▲ (Fra sè) Deliro! ▼ENRICO▲ (Fra sè) Son desto! ▼A TRE▲ (Fra sè) Disvelato è l’arcano funesto… (Ad Elisabetta) Ah! regina, perdono, pietà. (Cadono a ginocchio a’ piedi di Elisabetta) ▼ELISABETTA▲ Guardie, olà! (Entrano Guglielmo, guardie, cavalieri e dame) Quegl’indegni sien serbati al mio giusto furore. (Fra sè) Sol di rabbia si pasce il mio cuore; sol vendetta conforto gli dà. ▼GUGLIELMO,CORO▲ Come!… il duce! l’eroe vincitore!… Oh stupor!… Giusto ciel! che mai sarà? ▼LEICESTER, MATILDE, ENRICO▲ Schermo siam d’un perverso destino… ▼ELISABETTA▲ Traditori, fremete a’ miei sdegni. ▼LEICESTER▲ Sposa… ▼MATILDE▲ Sposo… ▼GUGLIELMO E CORO▲ Sposi! ▼ENRICO▲ (Abbracciando Matilde) Germana… ▼ELISABETTA▲ Sien disvelti l’un l’altro dal seno. ▼LEICESTER, MATILDE, ENRICO▲ Ah, regina, perdono, pietà. (Vengono a forza separati) ▼ELISABETTA▲ (Fra sè) Sol si pasce il mio cor di veleno sol vendetta conforto gli dà. ▼CORO▲ Fatal giorno! Impresata ruina! Surse il sole sereno, ridente - Or declina - turbato, languente e di lutto coprendo si va. (Le guardie conducono a forza i congiunti da parti opposte ed ognuno confusamente ritirasi) ATTO PRIMO Scena Prima (Sala regia. Trono. Norfolk, Guglielmo e cavalieri, situati in ordine, attendono l'arrivo della regina. Guardie) CORO Più lieta, più bella apparve l’aurora; malefica stella dal cielo sgombrò. Del raggio di pace il sole s’indora; di Marte la face estinta restò. NORFOLK (Fra sè) Oh voci funeste, che aborre quest’alma! La rabbia m'investe più calma non ho. (Il suono de’ militari strumenti in distanza, che si avvicina di grado in grado, annunzia l’ingresso in cittá delle armi vittoriose condotte da Leicester) CORO Udite… S’avanza l’invitto campione, de’ cori speranza, delizia d’Albione, d’Elisa sostegno, del regno splendor. NORFOLK (Fra sè) Che smania! che affanno! Destino tiranno! Avvampo di sdegno, m’uccide il dolor. Recitativo GUGLIELMO (Tirando Norfolk in disparte) Nel giubilo comun, signore, tu solo parte non prendi in si felice giorno. Perchè? Rimira intorno vedi qual gioia a ognun siede sul ciglio. NORFOLK (Fra sè) Importuno! (Forte) Guglielmo, s’io godo al comun bene, lo sa il Ciel, tu lo sai, che appien conosci il sensibil mio cor. GUGLIELMO (Fra sè) Così potessi ignorar qual tu se’. NORFOLK Ma in veder che a’ trofei dell’anglico valore parte io non ho, mi reca affanno al core. CORO E CAVATINA (Elisabetta entra con seguito di dame, cavalieri, paggi e guardie. Tutti s’inchinano) CORO Esulta, Elisa, omai in giorno sì beato. Cangiò sembianza il fato; tutto cangiò per te. L’invitto eroe vedrai, deporti i lauri al piè. ELISABETTA Quant’è grato all’alma mia il comun dolce contento! Giunse alfine il bel momento che c’invita a respirar. CORO Dopo tante rie vicende, real donna, a pace in seno tu ritorni a riposar. ELISABETTA Questo cor ben lo comprende, palpitante dal diletto. (Fra sè) Rivedrò quel caro oggetto che d’amor mi fa brillar. CORO Possa ognor, felice appieno, teco l’Anglia giubilar. Recitativo e Coro ELISABETTA Grandi del regno, è questo il più bel giorno di mia vita. Coronò la vittoria agli Angli il crine. Del forte duce, a cui deve la patria ogni suo ben, risuona ovunque il nome, e tanta fama ei gode, che al suo merto è minor qualsiasi lode. Pur da noi non si lasci d'onorar la presenza di si nobil campion. Qui lo scortate. GUGLIELMO Ei s’affretta al tuo pi’e. ELISABETTA (Fra sè) Qual gioia! (Forte) Andate. (I grandi vanno all’ingresso a ricevere il vincitore; Norfolk a stento li segue; Elisabetta, assistita da Guglielmo, va sul trono. Leicester entra accompagnato da’ primari uffiziali, e seguito da più nobili Scozzesi, tra i quali sono Matilde, sotto spoglie virili, ed Enrico) CORO Vieni, o prode, qui tergi i sudori; con gli olivi di pace gli allori vieni il crine onorato a fregiar. Tutto cede al tuo braccio possente; per te riede ogni volto ridente; per te cessa ogni lungo penar. Recitativo LEICESTER Alta Regina, invano lo Scotto altero al nostro ardir si oppose. Col nome tuo sul labbro gli Angli pugnarono, e, al rimbombar delle armi, dal vincitor l’udía il nemico guerrier mentre pería. Di rea discordia omai spenta è la face. Al tuo poter soggiace chi spezzarlo tentò. D’uopo non hai più del nostro valore; onde al tuo piede del comando delle armi, che degnasti affidarmi, eccoti il segno. (Depone sui gradini del trono il bastone del comando) Esulti Elisa e teco esulti il regno. ELISABETTA Giovane eroe, quanto per me facesti, quanto a pro della patria usò finora del tuo gran cor la fede, d’ogni dono è maggior, d’ogni mercede. Obbligarlo non so. Ti appressa. Intanto abbiti questo pegno della grata alma mia. (Leicester si prostra, Elisabetta togliendosi dal petto un ordine cavalleresco, ne fregia di sua mano il duce) LEICESTER Oh generosa! NORFOLK (Fra sè) Oh rabbia! MATILDE (Fra sè) Oh gelosia! (Al cenno di Leicester si avanzano gli Scozzesi, e si prostrano alla Regina, resentandole i preziosi tributi che recano sopra de’ bacili da un bianco velo) LEICESTER Questi, sovrana eccelsa germi di chiara stirpe illustri ostaggi, proni al tuo soglio vedi. Que’ preziosi arredi ch’oggi t’invia la sottomessa Scozia… (Sospende il discorso nel riconoscere tra gli ostaggi la consorte ed il cognato) (Fra sè) Oh ciel!… che mai vegg’io… Stelle!… Matilde!… Enrico!… E un sogno il mio? ELISABETTA (Agli ostaggi) Sorgete. Entro la reggia avrete asilo. All’onorevol grado de’ paggi miei v’eleggo. (Scende dal trono) Londra festeggi in così lieto giorno delle nostre armi il fortunato evento; sia partecipe ognun del mio contento. (Elisabetta nel ritirarsi guarda benignamente Leicester, donandogli la mano da baciare. Norfolk freme; Matilde fa lo stesso; Enrico, che se ne accorge, fa cenno alla sorella d'esser cauta. Ognuno ritirasi fuorchè Leicester, il quale va sull’'ingresso ed ivi trattiene Matilde, ch’è l’ultima ad entrare, a fá che ella retroceda) Duetto LEICESTER Incauta, che festi! Seguirmi perchè? Gli affetti son questi d’amore e di fé? MATILDE La fede, l’amore guidano il mio piè; di sposa al timore ritegno non v'è. LEICESTER Ma in tanto periglio… MATILDE Non basta consiglio. LEICESTER Ah! Trema per te! MATILDE Sol tremo per te! A DUE Che palpito io sento! Che crudo tormento! Perplesso/perplessa, me stesso/stessa non trovo più in me. Recitativo ed Aria LEICESTER Sconsigliata! e non sai che del tuo sangue la nemica maggior qui si ritrova? Chi mai trasse a questo passo orribil, funesto? MATILDE Ahi! sposo… appena fosti da me diviso, fama suonò che amore, e l'amor più tenace, Elisabetta per Leicester nutria. Qual fosse, oh Dio, allor l’affanno mio, chi spiegar mai potrebbe?… Ah! viene Enrico. (Entra Enrico) LEICESTER Tu, mio congiunto e amico, di cotanta imprudenza potesti mai complice farti? ENRICO Ah! Taci. Ella te’l dica; usai ogni opra, ogni consiglio per distorla, ma invan. Vedendo troppo ostinato quel cor, volli seguirla, pensando in queste mura, colla presenza mia, farla sicura. LEICESTER Vana speranza! E non pensate, incauti, che di Maria Stuarda qui proscritt’á è la prole? Ch’Elisabetta vuole del vosro sangue il germe appien distrutto? MATILDE Oh Dio! ENRICO Fa cor, diletta suora; l’avvenir men funesto lo spero ancora. LEICESTER Separarci convien. Destar sospetto il favellar qui a lungo ora potria. Seguila, Enrico; ad ambo la prudenza or sia guida, e poi di nostra sorte il ciel decida. (Fra sè) Vadasi in traccia di Norfolk, del caro verace amico in cui pongo ogni speme; ei sol può invigorir un cor che geme. (Parte) ENRICO Andiam. Vuole il destino, che teco io resti al fianco di colei, che degli affanni nostri fu primiera cagion. MATILDE Questo, o germano, è il dolor che mi uccide. ENRICO D'uopo abbiam il coraggio. Forse d’esperanza un raggio il ciel pietoso fia che vibri per noi. MATILDE Sperar non oso. Sento un’interna voce che in lagrimevol suono dice che nata io sono a piangere e penar. Ah! se tolto un sol momento tanto orror da me sarà, palpitar di bel contento questo core allor potrà. (Parte con Enrico) Scena Seconda (Appartamenti reali) NORFOLK (Fra sè) Che intesi! In queste stanze, inosservato, puoi, dolce amico, favellar. (Fra sè) Che gioia! (Forte) Prosegui. LEICESTER Un dì, dopo ostinata pugna, terribil oragan sorge improvviso. Da’ miei prodi diviso, in umile capanna m’è d’uopo ricovrar; quivi m’accoglie vecchio pastor; Matilde, che sua figlia credei, si offerse agli occhi miei vederla e amarla è l’opra d’un istante. Al nuovo giorno in campo io fo ritorno. Tutto in breve a me cede; ma, oh Dio! del vincitore in dolce schiavitù rimane il core. NORFOLK E come di Matilde sposo ti festi? LEICESTER Grato all’amistade di qual pastor, m’offersi contro all’ostil furor d’essergli schermo. Sento che illustre Scoto in lui si nascondea; allor gli chiedo la figlia in moglie; il vedo al mio discorso impallidir; comprendo che grave arcano ci cela prego, insisto; di Matilde e d’Enrico allor mi svela l’origine real… Puoi figurarti qual fu la mia sorpresa. All’amor mio, tanto tenace, amor quanto funesto, pietà s’aggiunse… Io già ti dissi il resto. NORFOLK A grave rischio, amico, i giorni tuoi, la gloria ponesti; ma fu colpa d’amore e amor fa la tua scusa. (Fra sè) Esulta o core! LEICESTER Sant’amistade tra gli affanni che io provo, almen qualche conforto in te ritrovo. (Parte) NORFOLK (Solo) Stelle! T’inganni. Ah! Meglio saria stato per te chieder aita al mar fremente, alle voraci belve, alle furie d’averno, che non ad un nemico, qual ti fui, qual ti son… (Vedendo giungere Elisabetta) M’offre vendetta la total ruina. (EIisabetta entra) Recitativo e Duetto Colmo di duol, Regina, d’un così lieto dì son io costretto la gioia a funestarti. ELISABETTA Come! NORFOLK Oh Dio! Favellar non poss’io… No; forza tanta in me non è. ELISABETTA Spiegati. NORFOLK Orrendo arcano, misera, udrai… Deh! lascia… Sì, lasciami tacer. ELISABETTA Parla. L’impongo. NORFOLK T’ubbidirò. Leicester… ELISABETTA Che! Leicester… NORFOLK Avvinto in nodo coniugal… ELISABETTA Che parli? NORFOLK Il ver. ELISABETTA Possibil mai!… Ah! T’ingannasti. NORFOLK No, non m’ingannai. D’un degli ostaggi sotto finte spoglie la sua sposa si asconde; l’accompagna il germano… Ambi son figli… ELISABETTA Prosegui… Ohimè! NORFOLK Mi manca al dir la voce. ELISABETTA Figli di chi? NORFOLK Ti nuoce il mio parlar. ELISABETTA Tutto saper io voglio. NORFOLK Figli a colei, che si t’offese il soglio. (Elisabetta, a queste ultime parole cade sopra una sedia ed ivi rimane immobile e come fuori di sé. Norfolk, con volto ipocrita, si avvicina) Perchè mai, destin crudele, costringesti il labbro mio!… Ma fedele a te son io mentre accuso un traditor. ELISABETTA Con qual fulmine improvviso mi percosse irato il ciel! Qual s’addensa orrendo velo che mi colma di terror! NORFOLK Deh! rammenta… ELISABETTA Taci… Oh Dio! NORFOLK Pensa al regno! ELISABETTA Oh Dio! Mi lascia! NORFOLK Sventurata! ELISABETTA Fiera ambascia! NORFOLK Per te geme questo cor. ELISABETTA Lacerar mi sento il cor. (Fra sè) Misera! A quale stato mi riserbò la sorte! Stato peggior di morte Pių fiero non si dà. NORFOLK (Fra sè) Reggimi in tale stato, deh non tradirmi o sorte! Vada il rivale a morte pago il mio cor sarà. (Ad Elisabetta) Regina, ormai decidi. ELISABETTA Sì, perirà l’indegno. NORFOLK (Fra sè) Sorte, a’ miei voti arridi. ELISABETTA Sgombri da me pietà. A DUE Quell’alma perfida non vada altera; del fallo orribile la pena avrà. Fra cento spasimi l’iniquo pera, a eterno esempio d’infedeltá. (Norfolk parte; entra Guglielmo) Recitativo ELISABETTA Guglielmo, ascolta. Pronte ad ogni mio cenno, sull’ingresso sien le reali guardie. Va! Ma pria qui Leicester invia… Trattienti… (Fra sè) Oh affanno! Dove io mi sia non so (Forte) Di Scozia i paggi tutti raduna in questo loco. GUGLIELMO Il cenno vado a compir. (Parte) ELISABETTA (seduta) Che penso, desolata regina? A che mai serve aver doma la Scozia e salvo il trono se un’infelice io sono? Sconoscente! Ei pur vide l’amor d’Elisabetta, e in laccio coniugal stringer pur volle della maggior nemica sua la figlia! Oh delitto!… Ma tremi l’iniqua coppia. Son regina e amante. Doppia vendetta… Ecco l’indegno… Oh istante! (Leicester viene da un lato; Matilde ed Enrico co’ giovani Scozzesi dall'altro. Leicester, che si sarà presentato con premura, nel vedere la moglie, si ferma ad un tratto; Matilde e Enrico vedendo Leicester fanno lo stesso; Elisabetta riconosce da’ moti e dalla confusione del volto la sua rivale ed il fratello) LEICESTER (Fra sè) Matilde! MATILDE (Fra sè) Oh cielo! ENRICO (Fra sè) Oh incontro! ELISABETTA (Fra sè) E dessa… Oh rabbia! (Forte) T'avanza, o duce… A che t’arresti? Io voglio men sommesso vederti. Ti è noto che il primo de’ miei fidi tu sei, che tal ti estimo. LEICESTER Regina… (Fra sè) Che dirō? Oh Dio (Forte) L’umil tuo servo… a tanta magnanima bont’a… (Fra sè) Mi perdo. MATILDE (Fra sè, facendo vedere la propria agitazione) Oh pena! ENRICO (All’orecchio di Matilde) Germana, ah! ti raffrena. ELISABETTA Non prosegui? (Dopo aver guardato a un tempo Leicester, Matilde ed Enrico) Eh! lascia omai quell'importun ritegno… (Fra sè) Geme, trema l'indegno. Oh piacer di vendetta!… (Forte) Ma coraggio or ti darà la stessa tua regina. Vieni, giovane eroe. MATILDE Ah! ELISABETTA (Al sospiro di Matilde benchè sommesso, si volta a guardarla; poi dice a Leicester ) Tavvicina. Se mi serbasti il soglio al campo dell’onor, darti mercede io voglio degna del tuo valor. (A cenno d’Elisabetta si avanza un guardia; la regina le parla in segreto) LEICESTER Donna real, deh! frena sė generosi accenti… LEICESTER, MATILDE, ENRICO (Fra sè) Oh Dio, resisto appena a palpiti frequenti del mio dubbioso cor. ELISABETTA (Fra sè) Benchè fra’ suoi tormenti, avrà vendetta amor. (Ritorna la guardia, recando un bacile coperto da un drappo) LEICESTER (Fra sè) Di qual mercè favella io non comprendo ancor. ENRICO, MATILDE (Fra sè) La mia perversa stella sempre divien peggiore. ELISABETTA (Che avrà furtivamente osservati i moti di Leicester, di Matilde e d’Enrico, ed i loro sguardi d’intelligenza, freme in segreto; si alza, poi, forzando se stessa, dice ) Eccoti, eroe magnanimo, d’un grato core il pegno te riconosca il regno per mio consorte e re. (Scopre il bacile indicato, che contiene lo scettro e la Corona. Leicester ed i suoi congiunti rimangono a tal vista oltremodo confusi ed abbattuti. Elisabetta gode del loro turbamento) LEICESTER, MATILDE, ENRICO (Fra sè) Qual colpo inaspettato a noi serbava il fato… Il gelo della morte tutto s’aduna in me. ELISABETTA (Fra sè) Al colpo inaspettato che lor serbava il fato il gelo della morte impallidir il fe’. (Dopo qualche pausa) Duce, in tal guisa accogli d’una regina il dono? LEICESTER (Tremante, fra sè) Oh ciel! (Forte) Deh!… Scusa… al trono vassallo umil non osa… ELISABETTA (Fra sè) Empio! ENRICO (Piano a Matilde) Ti frena. MATILDE (Fra sè) Che affanno! ELISABETTA (Fra sè) Anima rea! A QUATTRO (Fra sè) Spiegar il duol ch’io sento possibile non è. (Dopo breve scena muta, in cui andrà crescendo l’agitazione de’ due congiunti e d’Enrico, Elisabetta, non potendo pių raffrenarsi, proromperà come segue) ELISABETTA Ah! che più tollerar non poss’io un vassallo fellon, menzoniero. Or la benda dileguisi al vero ecco l’empia che infido ti fa. (Nel dire queste ultime parole, corre a Matilde, la prende per un braccio, trascinandola nel mezzo della scena) LEICESTER (Fra sè) Che mai vedo! MATILDE (Fra sè) Deliro! ENRICO (Fra sè) Son desto! A TRE (Fra sè) Disvelato è l’arcano funesto… (Ad Elisabetta) Ah! regina, perdono, pietà. (Cadono a ginocchio a’ piedi di Elisabetta) ELISABETTA Guardie, olà! (Entrano Guglielmo, guardie, cavalieri e dame) Quegl’indegni sien serbati al mio giusto furore. (Fra sè) Sol di rabbia si pasce il mio cuore; sol vendetta conforto gli dà. GUGLIELMO,CORO Come!… il duce! l’eroe vincitore!… Oh stupor!… Giusto ciel! che mai sarà? LEICESTER, MATILDE, ENRICO Schermo siam d’un perverso destino… ELISABETTA Traditori, fremete a’ miei sdegni. LEICESTER Sposa… MATILDE Sposo… GUGLIELMO E CORO Sposi! ENRICO (Abbracciando Matilde) Germana… ELISABETTA Sien disvelti l’un l’altro dal seno. LEICESTER, MATILDE, ENRICO Ah, regina, perdono, pietà. (Vengono a forza separati) ELISABETTA (Fra sè) Sol si pasce il mio cor di veleno sol vendetta conforto gli dà. CORO Fatal giorno! Impresata ruina! Surse il sole sereno, ridente - Or declina - turbato, languente e di lutto coprendo si va. (Le guardie conducono a forza i congiunti da parti opposte ed ognuno confusamente ritirasi) Rossini,Gioachino/Elisabetta/II
https://w.atwiki.jp/petri/pages/163.html
シャッター CARPERU B・1~1/200 レンズ Coated Orikon Anastigmat F3.5 7.5cm 重量・大きさ g 価格 12,000円 発売 1949年 先に発売されたペトリーに比べると、レンズ、シャッターのスペックは同等だが距離計が省かれている。
https://w.atwiki.jp/zarabel/pages/219.html
U da lostasia dremren Isa da boema foton doremren 忘れられた子よ さあ 生まれ落ちた子よ O la laspha, yupa Lom dremre neckt lostasia U meide 世界(誰も)があなたを忘れても 僕は、あなたのことを忘れない leide neckt ele sm Yem hypne, reive zayxuy lostasia Yem nehhe 私の葬送に花は無く、私の墓石に名は不要
https://w.atwiki.jp/androidnetrunner/pages/229.html
imageプラグインエラー ご指定のURLはサポートしていません。png, jpg, gif などの画像URLを指定してください。 #73 A Study in Static (停滞した研究) #74 #75 NBN (エヌ・ビー・エヌ) ICE (アイス) Sentry (セントリー)- Tracer (トレーサー) Rez Cost (レゾコスト) 6 Strength (強度) 4 Influence Value (影響値) 2 Card Text [Subroutin]Trace4– If successful, the Runner cannot make another run this turn. [Subroutin]Trace4– If successful, end the run. カードテキスト (日本語) [サブルーチン]トレース4- 成功した場合、このターン、ランナーは新たなランを行えない。 [サブルーチン]トレース4- 成功した場合、ランの終了。 Flavor Text Where one thing ends, another begins. フレーバーテキスト (日本語) 何かが終われば次が始まる。 Illus. (イラストレーター) Liiga Smilshkalne
https://w.atwiki.jp/mw2sub/pages/17.html
4. No Russian Earn Makarov s trust. マカロフから信頼を得よ C.I.A. PFC.JOSEPH ALLEN (C.I.A. ジョセフ・アレン上等兵) C.I.A. DEEP COVER OPERATION - ALEXEI BORODIN (C.I.A. 潜入捜査任務 - アレクセイ・ボロディン) Shepherd The rest of Task Force 141 brought in the ACS, Allen. Shepherd 仲間がACSを奪還したぞ、アレン。 Shepherd Two men took down an entire base. I ask much more from you now. Shepherd たった二人で基地を攻略したそうだ。君にはそれ以上を望みたい。 Shepherd Yesterday you were a soldier on the front lines. But today front lines are history. Shepherd 最前線の兵士だった君は、今日から過去のものだ。 Shepherd Uniforms are relics. The war rages everywhere. And there will be casualties. Shepherd 今や戦争は何処ででも起こりうる。犠牲者もまた然り・・・ シオラレオネ 1972~ 死者87.213人 状況:継続中 ルワンダ 死者80万~100万人 コソボ 1991~1996 死者6,000人 状況:地雷撤去中 ロシア モスクワ 核並みの兵器か? マカロフ:あの爆発をもう一度 マカロフ ヨーロッパ中に恐怖走る 狂人による犠牲者、さらに増加 Shepherd This man Makarov is fighting his own war and he has no rules. No boundaries. Shepherd マカロフは自らの戦争を戦ってきた。ルールも場所も選ばずにな。 Shepherd He doesn t flinch at torture, human trafficking, or genocide. Shepherd こいつは拷問、人身売買、大量虐殺にも躊躇しない。 Shepherd He s not loyal to a flag or a country or any set of ideals. He trades blood for money. Shepherd 国家や思想に殉じる気もない。すべては金の為だ。 Shepherd He s your new best friend. Shepherd こいつが君の新しい友人だ。 Shepherd You don t want to know what it s cost already to put you next to him. Shepherd 君を潜り込ませるために、我々は相応の代償を支払った。 Shepherd It will cost you a piece of yourself. Shepherd 君自身も何かを失うかもしれん。 Shepherd It will cost nothing compared to everything you ll save. Shepherd だが、それ以上に多くの人命を救うことになるだろう。 "No Russian" "ノー・ロシアン" Day 3 - 08 40 3日目 - 08:40 PFC Joseph Allen a.k.a. Alexei Borodin ジョセフ・アレン上等兵こと、アレクセイ・ボロディン Zakhaev International Airport ザカエフ国際空港 Moscow, Russia ロシア モスクワ Makarov (ロシア語のセリフ)C нами бог. Makarov 神が共に在らん事を。 Makarov Remember - no Russian. Makarov いいか ― ロシア語は使うな。 Makarov Up the stairs. Go. Makarov 階段を上がれ。 Makarov Let s go! Makarov 行くぞ! <Makarovや仲間を攻撃した時> Makarov Head up! Makarov 気を付けろ! Makarov You traitor! Makarov 裏切り者だ! <Makarovから遅れ過ぎた時> Makarov I have no patience for cowards. Makarov 臆病者は必要ない。 Makarov They re right on time. Makarov 計画通りだ。 Makarov Check your weapons and ammo. Makarov 武器と残弾を確認しろ。 Viktor I ve waited a long time for this. Viktor この時をどれほど待ち侘びたか・・・ Makarov Haven t we all. Makarov お互いにな。 Makarov This way let s go. Makarov こっちだ、行くぞ。 Makarov Go. Makarov 行け。 Makarov For Zakhaev. Makarov ザカエフの為に・・・ Makarov F.S.B. - Take em out. Makarov F.S.B.(ロシア連邦保安局)だ ― 始末しろ。 Makarov 30 seconds. Go. Makarov あと30秒だ。 Makarov This way let s go. Makarov こっちだ。 Makarov Hallway clear. Makarov 進路クリア。 Makarov Hold your fire. Makarov 撃つな。 Anatoly Good, you made it! Get in. Anatoly 成功だな! 乗ってくれ。 Anatoly We ve sent a strong message with this attack, Makarov. Anatoly この襲撃は強烈なメッセージになるぞ、マカロフ。 Makarov That was no message... Makarov 違うな・・・ Makarov This is a message. Makarov メッセージはこれだ。 Makarov The American thought he could deceive us. When they find that body... all of Russia will cry for war. Makarov アメリカ人は俺たちを欺けると思っていたらしい。この死体が見つかれば・・・ロシア全土が戦争へと突き進むだろう。 (C)2009 ACTIVISION Ltd. (C)2009 Infinity Ward, Inc. "Yesterday you were a soldier on the front lines. But today front lines are history."「兵士は『前線』に居たものだろう。今や『前線』なぞ存在しない」 -- 名無し (2010-02-04 09 39 55) ご指摘ありがとうございます。 「you were a soldier」なので兵士はアレンを指していると思っているのですが・・・ -- 管理人 (2010-02-12 03 52 00) ↑↑Yesterday you were a soldier on the front lines.は普通に訳せば「昨日、あなたは最前線の兵士だった」だと思う… -- 名無しさん (2010-02-13 08 27 28) ご指摘ありがとうございます。一応次の「Uniforms are relics.」も前の文に入れているつもりです。方針としては、できるだけ文章は平易で簡潔にいこうと思っています。 -- 管理人 (2010-02-13 10 16 03) マカロフを撃つと、一回目は「気をつけろ」、2回目からは「裏切り者だ。」と言われる -- 名無しさん (2010-10-24 06 52 33) ご指摘ありがとうございます。追加しました。 -- 管理人 (2011-05-28 12 53 27) 「No Russian」=「ロシア語禁止」あるいは「ロシア語は使うな」 -- 名無しさん (2018-10-24 15 42 14) "Yesterday you were a soldier on the front lines. But today front lines are history."「兵士は『前線』に居たものだろう。今や『前線』なぞ存在しない -- 名無しさん (2019-01-04 04 43 52) ↑途中でミスしました。これは総称のyouという用法であって、一般的な人々を指します。よく英語に慣れていない人が訳し間違えやすいことで有名なポイントでもあります。多分後ろの文脈とも一番繋がると思います。 -- 名無しさん (2019-01-04 04 45 49) 名前 コメント
https://w.atwiki.jp/arial/pages/54.html
#blognavi 重いんです!! (重量が(ぁ 無事LV88になりました♪ (まーたSS失敗しちゃったよ_| ̄|○ さて、本日緊急メンテが入るということで軽くカタコンなんぞに行ってました。 いやなのがおるわぁ・・・ 怖い相手に怯えつつ、1時間ほど狩ってたわけですが・・・ 本日のお題! ・必要そうで必要でないもの!! MOB:レイス 確率;6.51% 備考:FWにジェムが必要だった時代が懐かしい・・・ MOB:イビルドルイド 確率;2.01% 備考:ソロだとほとんどいらないよねー MOB:ゾンビ 確率;0.56% 備考:倉庫にいっぱいあります・・・ MOB:ハンターフライ 確率;0.31% 備考:製造じゃないし!BSがそもそもいないし!(ぁ MOB:イビルドルイド 確率;0.11% 備考:Sビレタ&バイブルとドロップ率が同じにくいやつ! ぶっちゃけいりません_| ̄|○ 地道にガンバロー。 カテゴリ [RO日記] - trackback- 2005年04月07日 10 02 17 #blognavi
https://w.atwiki.jp/oper/pages/3178.html
ATTO PRIMO Scena Prima (Sala nel palazzo. Il provveditore Paolo Erisso siede taciturno presso una tavola. Altri capitani gli siedono intorno. Calbo e Condulmiero chiudono il circolo, sedendo l uno incontro all altro) I DUCI Al tuo cenno, Erisso, accolti qui già vedi i tuoi guerrieri. Ma… tu taci, e non ascolti?.. (fra sè) Mille torbidi pensieri gli vegg io scolpiti in fronte. Giusto ciel! di Negroponte il destin qual mai sarà? ERISSO Volgon due lune or già, veneti eroi, che di Bisanzio il vincitor superbo d oste infinita e fera queste mura circonda. Noi noverar co giorni i cimenti e i trionfi ancor possiamo. Ma… l avvenir qual sia? Spento de nostri il più bel fior già cadde; crollan le mura col tempestar de bronzi; il morbo struggitor, la dura fame mietono a gara il popolo innocente; e Maometto minaccia incendio e morte, se schiuse al novo dì non sian le porte. Io veggo in sì rio stato, veggio egual periglio se all onor chieggo o alla pietà consiglio. Risolversi che deggia ognun libero esponga, ed il pensiero del numero maggior per me sia legge. I DUCI Risponda a te primiero il prode Condulmiero, che pari ha nel periglio il braccio ed il consiglio. CONDULMIERO Quando ogni speme è tolta, allor l audacia è stolta, ed il men reo consiglio sta nel minor periglio. Il folle e non il forte va cieco incontro a morte. Cedasi in tal momento. A più feral cimento serbiam le spade e il sangue io primo allor esangue, io primo allor cadrò… CALBO (Sorgendo) Guerriero, che parli? Estremo consiglio del forte è la spada. Non temo il periglio si pugni, si cada nell arduo cimento; e covran mia fosse de barbari a cento le ceneri e l ossa. Impari il superbo che duro, che acerbo è il vincer pugnando contro italo brando. Al nobile esempio, all orrido scempio si accresca con l ire il veneto ardire; e a tanta costanza, depressa, avvilita del barbaro scita sia l empia baldanza. ERISSO A tanta costanza, ai forti suoi detti ribolle ne petti l antica baldanza. CALBO Si pugni, si cada, ruotando la spada nell arduo cimento. Poi covran mia fossa de barbari a cento le ceneri e l ossa. I DUCI A tanta costanza, ai forti suoi detti ribolle ne petti l antica baldanza. CALBO, ERISSO, CONDULMIERO Si pugni, si cada, ruotando la spada nell arduo cimento. Poi covran mia fossa de barbari a cento le ceneri e l ossa. ERISSO Basta, non più. V intesi, o prodi, o veri cittadini e guerrieri. Udir da labbri vostri il generoso consiglio io sol bramava, e tanto ottenni. Dunque giuriam sui brandi per la patria, per l are pugnar fin che di sangue stilla ci avanza in petto; ché nel bivio crudel d infamia o morte, dubbio non è qual via trasceglie il forte. (Snuda la spada e la presenta ai duci, che lo imitano e giurano, toccando colle loro spade quella di Erisso.) TUTTI Sì, giuriam sugl itali brandi, degl infidi nel sangue già tinti, che trafitti, non supplici o vinti, Maometto al suo piè ci vedrà. Sì, giuriamo su veneti brandi. Se non cangia la sorte severa, Negroponte alla veneta schiera monumento e sepolcro sarà. ERISSO Or partite, guerrieri. Al dì novello l ultimo assalto il Musulman minaccia; nuovo vigor quindi a voi porga il sonno. Allo spuntar del giorno pugnerete da forti a me d intorno. E al numero il valor se sia che ceda, e abbandonar l ampia città si debba, ratto allor nella rocca a novello cimento ritraggasi chi ancor non fu qui spento. (Tutti partono, fuorché Calbo trattenuto da Erisso.) Calbo, tu m odi. Il mio dover compiuto di duce e cittadin, dover diverso né men sacro or si compia. Ahimè!.. son padre di tenera, leggiadra unica figlia. Appien tu la conosci, e al par di me tu l ami. Or pensa il suo periglio come tremar, come agghiacciar mi faccia. CALBO Com io pur tremo e agghiaccio. ERISSO Seguimi or dunque. CALBO E che far vuoi? ERISSO Mi segui. Presso alla figlia mia del padre il voto ascolterai qual sia. Scena Seconda (Gabinetto di Anna Erisso; una lampada lo rischiara) ANNA Ah! che invan sul mesto ciglio chiamo il dolce oblio de mali. Non ho pace al rio periglio in cui veggo il genitor. E il timor se tace appena, son d amor gli occulti strali onde ognor di pena in pena palpitante ondeggia il cor. Pietoso ciel! ERISSO Figlia… ANNA Che vegg io! Padre, qual grave cura a me nell alta notte sollecito ti guida? ERISSO Il tuo periglio. ANNA Il mio periglio! ahimè! ERISSO M abbraccia, e ascolta. Or che ad estremo disperato assalto il nemico s appresta, io pe tuoi giorni, Anna, pavento. Io sol finora, io fui di tua virtù, dell innocenza tua il consiglio e lo scudo. Or più non basto io solo, or che un istante, un trar di spada può troncar mia vita. ANNA Misera me! Che dici? ERISSO Addoppiar le difese a te d intorno amor mi suggerisce, e un altro braccio a tuo schermo apprestar, che compier possa teco mie veci, ov io cadessi. ANNA Ahi, padre! ERISSO Il tuo secondo difensor sia Calbo. Egli, gran tempo è già, t ama, e no l disse che al padre tuo. Sposa ti chiede. ANNA (fra sè) Lassa! ERISSO E più degno consorte aver giammai, no, non potresti, o figlia. Or vieni al tempio. Là dove il sacro cenere riposa della spenta tua madre, stringer mi lascia un sì bel nodo, o cara, e il mio timor sia spento appiè dell ara. CALBO (fra sè) Che sento! ANNA (fra sè) Io son perduta. ERISSO A che t arresti? CALBO Anna, tu taci? Alto stupor ti leggo in volto espresso. Il tuo bel cor dischiudi al padre ad all amico; e se pur sia che tal nodo tu abborri, il tuo pensiero libera esponi, e me primiero udrai a tua difesa ragionar. ERISSO Che vegg io! Figlia, tu piangi? Oh, qual crudel sospetto in me tu desti! ANNA No, tacer non deggio più il vero omai. Tradirvi non posso entrambi, nè immolar me stessa. Già d altra fiamma accesa. ERISSO Oh, mio rossor! Prosegui. ANNA Indegno, credi, non è d Erisso l amator mio primo. ERISSO Chi è costui? Favella. ANNA Il Sir di Mitilene, il prode Uberto. ERISSO Uberto! E quando il conoscesti? ANNA Allora che tu in Venezia, per due lune e due, ed oro ed armi a dimandar restavi, me lasciando in Corinto. ERISSO Allor? Che ascolto! CALBO Prosegui… ahimè!.. ERISSO Meco in Venezia Uberto venia sul legno istesso; e vi rimase quando a te fei ritorno. ANNA Misera! il ver tu dici? Chi dunque, ahi! meco il nome volle mentir d Uberto? ERISSO Chi sia non so; ma un mentitor fu certo. ANNA, CALBO, ERISSO (fra sè) Ohimè! qual fulmine per me fu questo! Ahi, qual terribile colpo funesto! ANNA (fra sè) Conquisa l anima dal vile inganno, prorompe in lagrime l interno affanno; e il guardo, ahi, misera nel mio rossore non sò più volgere al genitor. ERISSO (fra sè) Conquisa l anima dal vile inganno, il cor mi squarciano ira ed affanno. Ma pur la misera col suo dolor raffrena gl impeti del mio furor. CALBO (fra sè) Conquisa l anima dal vil inganno, il cor mi squarciano ira ed affanno. Non sa la misera nel suo rossor più il guardo volgere al genitor. ERISSO Dal cor l iniquo affetto sveller t è forza, o figlia tanto l onor consiglia. ANNA Figlia mi chiami ancor? Sì, svellermi dal petto il cor saprò se… (Un lontano colpo di cannone interrompe il colloquio. Tutti restano immobili e sorpresi. Breve silenzio. Un grido di allarme si sente poco dopo. Erisso e Calbo pongono mano alle spade e partono precipitosamente senza far motto. Anna li siegue per pochi passi, indi ritorna indietro agitatissima.) ANNA Che avvenne? Oh Dio! Lo strepito della battaglia ascoltasi. Ahi, forse un tradimento nel notturno cimento… Io gelo. Oh, duol! Nel tempio del ciel si voli ad implorar l aita che salvi almen del padre mio la vita. (Parte precipitosamente.) Scena Terza (La piazza della città di Negroponte. A dritta dello spettatore un tempio in fondo una larga via, che sarà disposta obliquamente in guisa che il principio della medesima si nasconde all occhio dello spettatore sulla sua sinistra. La musica da questo momento, finché non giunge Erisso sulla scena, deve sempre indicare il lontano tumulto della battaglia. Di tratto in tratto si odono de colpi di cannone e delle scariche di moschetti. Alcune Donne accorrono allo strepito, incerte ed atterrite, aggirandosi per la scena) LE DONNE Misere!.. or dove, ahimè! volger l incerto piè? Dell armi il rimbombar, de bronzi il fulminar, tutto tremar ci fa. Che mai… che mai sarà? ANNA (Accorrendo anch essa tremante e sbigottita.) Donne, che sì piangete, che avvenne? Deh, rispondete. LE DONNE Al musulman le porte dischiuse un traditor. Tutto già intorno è orror, incendio e morte. ANNA (Sempre più spaventata, corre ad inginocchiarsi avanti il tempio.) Giusto ciel, in tal periglio più consiglio più speranza, non avanza, che piangendo, che gemendo, implorar la tua pietà. LE DONNE (Inginocchiandosi pur esse.) Giusto ciel, in tal periglio più speranza non avanza che implorar la tua pietà. (Sul finir di questa breve preghiera si sente un tamburo, che si accosta. Incomincia a sfilare una parte della guarnigione, attraversando la scena sollecitamente da dritta a manca. Anna ed il coro, vedendo i soldati, sospendono la loro preghiera, ed accorrono verso di quelli. Erisso e Calbo sopraggiungono con le spade ignude.) ANNA Ahi, padre! ERISSO (fra sè) Oh vista! ANNA Ad abbracciarti io torno. Narra. ERISSO Fuorchè l onor, tutto è perduto. Ogni speranza un traditor invola. Sulle mura è il nemico, e grazie al cielo or io sol porgo, che d occulti inganni temendo Maometto, il corso arresta di sua vittoria e attender vuole il giorno. Or, miei fidi, alla rocca. ANNA Oh, padre mio, fermati… ascolta. ERISSO Udir non posso. Addio. Figlia, mi lascia. Io volo ove il dover m invita. Dal pianto tuo tradita la patria non sarà. ANNA Padre! E in tal periglio e duolo lasciar tu puoi la figlia? Qual nume a te consiglia cotanta crudeltà? Teco venir… ERISSO T arresta, seguir non dei tu il padre. ANNA Qual dura legge è questa! ERISSO Sol le raccolte squadre sull alta rocca andranno a far le prove estreme d intrepido valor. ANNA, LE DONNE E noi qui fuor di speme, dover tiran ci lascia dell onta al nuovo orror? CALBO Mira, signor, quel pianto, e cangia il tuo consiglio. Le invola a tal periglio parli al tuo cor pietà. ANNA Vedrai su quelle mura pur noi pugnar da forti, vibrar pur noi le morti; far siepe i nostri petti a tuoi guerrieri eletti, e in essi il nostro esempio valore accrescerà. Padre, ti muova il pianto a men crudel consiglio. M invola al rio periglio, parli al tuo cor pietà. ERISSO Le voci di natura tutte nel cor già sento; ma in sì crudel momento delitto è la pietà. Ma indarno or voi piangete, donne, al destin cedete. Se i voti vostri ascolta la cieca mia pietà, con voi la fame accolta da miei guerrier sarà. Pietà sì dura e stolta chi a me consiglierà? Partiam, guerrieri… Addio LE DONNE Mira, signor, quel pianto e cangia il tuo consiglio. C invola a tal periglio, parli al tuo cor pietà. ERISSO Invola al rio periglio, parli al tuo cor pietà. ANNA Ahi padre! ah padre mio; de barbari all oltraggio così lasciarmi? ERISSO O cara, prendi il pugnal. Retaggio paterno a te sia questo in giorno sì funesto. Va , corri appiè dell ara, e pria che in te la mano distenda il musulmano… Figlia… ANNA Prosegui… ERISSO Addio. ANNA Dicesti assai. T intendo. Vedrai che appien somiglia al genitor la figlia, e pria che in me la mano distenda il musulmano, questo pugnal da forte nel cor m immergerò. ERISSO (fra sè) In sì crudel tormento squarciarmi a brano a brano, misero, il cor mi sento. O patria, a te qual figlia vittima immolerò! ANNA (fra sè) A sì crudel tormento squarciarmi a brano a brano, Ah Dio! il cor mi sento. Ahi, qual perversa sorte Il ciel mi destinò! CALBO (fra sè) In sì crudel momento squarciarmi a brano a brano in petto il cor mi sento. Misero, ahi, qual consorte il fato m involò! LE DONNE (fra sè) A sì funesta scena attonita, gemente, fra meraviglia e pena mancarmi il cor mi sento. Ahi, per qual empia sorte, dal figlio, dal consorte dividermi dovrò! (La musica ed il canto cesseranno ad un tratto. Erisso ed Anna si abbracciano teneramente. Calbo cade appiè di Anna, che gli porge la mano. Intanto alcune delle donne del coro corrono ad abbracciare taluni fra soldati, in attitudine di madri o di spose. Ricominciando la musica tutti si separeranno, dandosi a vicenda l ultimo doloroso addio. Erisso e Calbo partono per la rocca. Anna, seguita dalle altre donne, si ritira nel tempio) Scena Quarta (Giorno. Una schiera di cavalieri musulmani sopraggiunge entrando dalla dritta dello spettatore; si arresta alquanto per riconoscere qual via debba trascegliere per inseguire i fuggaschi. Indi al segnale del comandante si avvierà per la via grande che mette capo in fondo del teatro. Incominciasi ad ascoltare da lontano il suono delle bande turche. Dopo un istante la schiera di cavalleria ritornerà, girando a sinistra dello spettatore, sulle tracce di Erisso. Sopraggiunge buon numero di soldati turchi, alla rinfusa ed armati di faci) I SOLDATI MUSULMANI Dal ferro, dal foco nel sangue sommersa l avversa città al mondo suo scempio esempio sarà. Che all urto invincibile del nostro valor periglio è resistere con cieco furor. (Verso la fine del coro sopraggiunge Maometto alla testa delle sue truppe, e circondato da tutta la pompa militare ed asiatica. Alcuni de suoi soldati fanno sembiante di volere appiccare il fuoco agli edifizi ed al tempio. Maometto con un cenno gli arresta. Egli pone piede a terra, seguito dal suo visir Selimo e dagli altri generali. Tutti si prostrano, attendendo i suo ordini) MAOMETTO Sorgete, in sì bel giorno, o prodi miei guerrieri, a Maometto intorno venite ad esultar. Duce di tanti eroi crollar farò gl imperi, e volerò con voi del mondo a trionfar. I SOLDATI MUSULMANI Del mondo al vincitor eterno plauso e onor! MAOMETTO Compiuta ancor del tutto la vittoria non è. La tua falange, Acmet, conduci ad assalir la rocca dall oriental pendice, ov è men forte. Con l altre schiere intanto starommi io qui della città nel centro ad ogni uopo ed evento. (Acmet parte con alcuni soldati.) De fuggenti nemici Omar sull orme, per obliqui sentieri, corse già ratto co suoi mille arcieri, ed ampia strage egli faranne al certo. SELIMO Signor! Di Negroponte le vie pur anco a te son note? E come? Il ciel t inspira, o qui stranier non sei? MAOMETTO La conquista di Grecia, è a te ben noto che il mio gran padre ei pur rivolse in mente. Quindi in mentite spoglie ad esplorarne i lidi i più scaltri inviò fra suoi più fidi; e me fra quelli, ed Argo e Negroponte e… Corinto percorsi… ah! SELIMO Tu sospiri! MAOMETTO Sospiro io, sì, nel rammentar Corinto. SELIMO Forse… MAOMETTO Non più. Ma quel tumulto è questo? (Alcuni Guerrieri ritornano in fretta dalla sinistra dello spettatore, e cantano il seguente ) I SOLDATI MUSULMANI Signor, di liete nuove nunzi noi siamo a te. I nemici fuggenti, sorpresi, ed avviliti caddero in parte estinti; e in duri ceppi avvinti or sieno a te guidati i duci invan frementi. Il prode Omar già muove ad incontrarti il piè. MAOMETTO Oh gioia! Alfin vi tengo veneti alteri, audaci e sempre infidi vi tengo alfin. Compiuto è il mio trionfo. Come in Bisanzio, il mio destrier qui ancora nuotar nel sangue cristiano io vidi. Or colle fronti nella polve immerse vedrò pur voi, duci orgogliosi… e vinti. Ciò sia più grato che il mirarvi estinti. I SOLDATI MUSULMANI Il prode Omar già muove ad incontrarti il piè. Scena Quinta (Omar seguìto da suoi soldati, conduce incatenati Calbo ed Erisso, i quali si presentano con dignitoso contegno) MAOMETTO (Con ironia) Appressatevi, o prodi. Ammirarvi d appresso alfin m è dato. Del veneto valor la fama antica per voi s accrebbe, e a queste mura intorno ne fan tacita fede de miei guerrier ben dieci mille uccisi. Compiuto è il dover vostro, il mio comincia. Un esempio tremendo in voi dar voglio a chi, senza sperar soccorso o scampo, ogni patto ricusa per sol diletto di versar del sangue. Atroce, inaudito supplizio sia mercé del vostro ardire. ERISSO Quest ultimo tuo detto m accerta alfin che parla Maometto. Or la risposta ascolterai d Erisso. MAOMETTO Erisso! (fra sè) Oh ciel! (ad Erisso) Sei forse tu l istesso che già duce in Corinto? ERISSO Io son quel desso. Ed in Corinto e in Negroponte, e ovunque il tuo furor ti tragga, infin ch io viva, mi scorgerai tu sempre starti intrepido a fronte colla morte sul brando; e se convien che pera, fra i più fieri tormenti, intrepido del pari a Veneti pur sempre porger di fede e di fortezza esempio. MAOMETTO Sta ben. Ma dimmi, Erisso… Non sei padre? ERISSO (fra sè) Che ascolto! (A Maometto) E come, e donde il sai? MAOMETTO Te l chieggo. ERISSO Cittadin son io, sol cittadino in questo istante. (sottovoce) Ahi, Calbo! Mi ricorda il suo dir l amata figlia. Costanza, o cor. MAOMETTO Benché nemico, Erisso, d assai miglior destino degno tu sei; lo veggo ed io te l offro. Un accento e sei salvo, e teco il prode, che stringi or fra le braccia. Odi e risolvi. Riedi appiè della rocca. Parla a guerrieri, che son chiusi in quella la stoltezza e il periglio d inutile difesa ad essi esponi, e che mi schiudan quelle porte imponi. Tutti sien salvi, il giuro. E se a te piace la patria riveder potrai con essi, e rieder lieto a filiali amplessi. ERISSO (fra sè) Giusto ciel, che strazio è questo! Nel propormi un tradimento sempre i figli a me rammenta. trafiggendomi nel cor. (A Calbo) Ah! in momento sì funesto, Calbo, or, deh, per me rispondi, ed a lui quel pianto ascondi che or tradisce il genitor. CALBO Alla rocca andrem, se il vuoi. Parlerem con quegli eroi, ma direm che presso a morte noi serbiam pur l alma forte. La risposta, intendi, è questa. Se or ti piace, il rogo appresta ed appaga il tuo furor. ERISSO (fra sè) Dolce figlia, ove t aggiri? Ah, chi sa se ancor respiri, se abbracciarti io posso ancor! MAOMETTO Sconsigliato, a che non taci? Frena, o stolto, i detti audaci. Con chi parli non rammenti, e il mio sdegno non paventi? Tu rispondi, Erisso, e trema, questa fu la volta estrema che parlommi al cor pietà. ERISSO Già tacendo a te risposi co suoi detti generosi. CALBO, ERISSO È lo stesso in ogni core il consiglio dell onore; e non v ha che un sol linguaggio per il forte e per il saggio, e tal sempre il mio sarà. MAOMETTO (fra sè) Io mi sento dal dispetto lacerato il cor nel petto. De supplizi al fiero aspetto forse un tanto ardir cadrà. (Ad Erisso) Decidesti? ERISSO Io già risolsi. MAOMETTO Tu m insulti, indegno, e l osi? ERISSO E non v ha che un sol linguaggio per il forte e per il saggio; e tal sempre il mio sarà. CALBO È lo stesso in ogni core il consiglio dell onore; e tal sempre il mio sarà. MAOMETTO (fra sè) De supplizi al fero aspetto forse un tanto ardir cadrà. (in alta voce) Guardie, olà, costor si traggano a supplizio infame, atroce. Obbedite… Scena Sesta (Le Guardie circondano Erisso e Calbo e li trassinano. Anna si precipita dal tempio, su passi loro, dando un grido di dolore. Le altre donne la sieguono) ANNA Ah, no! MAOMETTO Qual voce! ANNA Padre mio! ERISSO Figlia! MAOMETTO Che veggio! ANNA (Accorrendo verso Maometto.) Al tuo piede… oh ciel, vaneggio! MAOMETTO Anna! ANNA Uberto! oh rossor! ERISSO Che colpo è questo! (Tutti rimangono attoniti e muti nell atteggiamento della sorpresa, della vergogna o del dolore, secondo la circostanza di ciascuno.) ANNA (fra sè) Ritrovo l amante nel crudo nemico. Qual barbaro istante! Che penso? che dico? Oh morte, te imploro rimedio, ristoro a tanto dolor. ERISSO (fra sè) Amante la figlia del crudo tiranno! Deh! chi mi consiglia! Qual barbaro affanno! Oh morte, te imploro rimedio, ristoro a tanto dolor! MAOMETTO (fra sè) Risento nel petto all alma sembianza d un tenero affetto l antica possanza. Qual magico incanto quel ciglio, quel pianto, quel muto dolor! CALBO, LE DONNE (fra sè) Il padre fra l ira ondeggia e l affanno, la figlia delira pel barbaro inganno. Oh cielo, te imploro tu porgi ristoro a tanto dolor. SELIMO (fra sè) Quel ciglio, quel pianto e muto dolor, qual magico incanto ha sul vincitor! I SOLDATI MUSULMANI (fra sè) Il duce all aspetto d inerme beltà, risente nel petto la spenta pietà! Qual magico incanto, quel ciglio, quel pianto ha sul vincitor! ANNA (A Maometto) Rendimi il padre, o barbaro. Il mio… fratel, deh rendimi… o ch io saprò trafiggermi con questo ferro il cor. (Cavando fuori il pugnale.) CALBO (fra sè) Fratel mi chiama! oh tenera! Oh dolce amica! ANNA (A Maometto) E tacito ancor tu resti? (Fa cenno di uccidersi.) MAOMETTO Arrestati, arrestati, dilegua il tuo timor. (Scioglie egli stesso le catene d Erisso e di Calbo.) Padre e fratel ti rendo. Comprendi a sì bel dono che un barbaro non sono, ma fido amante ognor. ERISSO Quei ceppi a me rendete, la morte io solo attendo. Pietosi mi togliete a tanto mio rossor. ANNA Padre… ERISSO Da me t invola. ANNA M ascolta… CALBO (Ad Erisso) Ti consola. Misera ella è, non rea. ANNA Chi preveder potea inganno sì crudel! MAOMETTO (Ad Anna) Fra l armi in campo io torno, cara, ma al mio ritorno altera e lieta omai, al fianco mio vivrai, se ancor mi sei fedel. ANNA (fra sè) Dal rimorso, dal duol, dal tormento lacerato mi sento già il cor. Ah! perché fra le spade nemiche a perir disperata non corsi! Or da quanti tormenti e rimorsi straziata quest alma sarà. ERISSO, CALBO (fra sè) Ah perché fra le spade nemiche non mi trassi a perir disperato; trionfando del barbaro fato, involandomi a tanta viltà. MAOMETTO (fra sè) Agitata, confusa, tremante, non risponde. Qual dubbio! qual lampo! Forse infida… Di sdegno già avvampo. Ma svelato l arcano sarà. LE DONNE (fra sè) Agitata, confusa, tremante non risponde. Mirarlo non osa. Fra l amante ed il padre dubbiosa fra l inferno ed il cielo si sta. I SOLDATI MUSULMANI (fra sè) Agitata, confusa, tremante non risponde. Mirarlo non osa. Fra l amante ed il padre dubbiosa all evento improvviso si sta. ATTO PRIMO Scena Prima (Sala nel palazzo. Il provveditore Paolo Erisso siede taciturno presso una tavola. Altri capitani gli siedono intorno. Calbo e Condulmiero chiudono il circolo, sedendo l uno incontro all altro) I DUCI Al tuo cenno, Erisso, accolti qui già vedi i tuoi guerrieri. Ma… tu taci, e non ascolti?.. (fra sè) Mille torbidi pensieri gli vegg io scolpiti in fronte. Giusto ciel! di Negroponte il destin qual mai sarà? ERISSO Volgon due lune or già, veneti eroi, che di Bisanzio il vincitor superbo d oste infinita e fera queste mura circonda. Noi noverar co giorni i cimenti e i trionfi ancor possiamo. Ma… l avvenir qual sia? Spento de nostri il più bel fior già cadde; crollan le mura col tempestar de bronzi; il morbo struggitor, la dura fame mietono a gara il popolo innocente; e Maometto minaccia incendio e morte, se schiuse al novo dì non sian le porte. Io veggo in sì rio stato, veggio egual periglio se all onor chieggo o alla pietà consiglio. Risolversi che deggia ognun libero esponga, ed il pensiero del numero maggior per me sia legge. I DUCI Risponda a te primiero il prode Condulmiero, che pari ha nel periglio il braccio ed il consiglio. CONDULMIERO Quando ogni speme è tolta, allor l audacia è stolta, ed il men reo consiglio sta nel minor periglio. Il folle e non il forte va cieco incontro a morte. Cedasi in tal momento. A più feral cimento serbiam le spade e il sangue io primo allor esangue, io primo allor cadrò… CALBO (Sorgendo) Guerriero, che parli? Estremo consiglio del forte è la spada. Non temo il periglio si pugni, si cada nell arduo cimento; e covran mia fosse de barbari a cento le ceneri e l ossa. Impari il superbo che duro, che acerbo è il vincer pugnando contro italo brando. Al nobile esempio, all orrido scempio si accresca con l ire il veneto ardire; e a tanta costanza, depressa, avvilita del barbaro scita sia l empia baldanza. ERISSO A tanta costanza, ai forti suoi detti ribolle ne petti l antica baldanza. CALBO Si pugni, si cada, ruotando la spada nell arduo cimento. Poi covran mia fossa de barbari a cento le ceneri e l ossa. I DUCI A tanta costanza, ai forti suoi detti ribolle ne petti l antica baldanza. CALBO, ERISSO, CONDULMIERO Si pugni, si cada, ruotando la spada nell arduo cimento. Poi covran mia fossa de barbari a cento le ceneri e l ossa. ERISSO Basta, non più. V intesi, o prodi, o veri cittadini e guerrieri. Udir da labbri vostri il generoso consiglio io sol bramava, e tanto ottenni. Dunque giuriam sui brandi per la patria, per l are pugnar fin che di sangue stilla ci avanza in petto; ché nel bivio crudel d infamia o morte, dubbio non è qual via trasceglie il forte. (Snuda la spada e la presenta ai duci, che lo imitano e giurano, toccando colle loro spade quella di Erisso.) TUTTI Sì, giuriam sugl itali brandi, degl infidi nel sangue già tinti, che trafitti, non supplici o vinti, Maometto al suo piè ci vedrà. Sì, giuriamo su veneti brandi. Se non cangia la sorte severa, Negroponte alla veneta schiera monumento e sepolcro sarà. ERISSO Or partite, guerrieri. Al dì novello l ultimo assalto il Musulman minaccia; nuovo vigor quindi a voi porga il sonno. Allo spuntar del giorno pugnerete da forti a me d intorno. E al numero il valor se sia che ceda, e abbandonar l ampia città si debba, ratto allor nella rocca a novello cimento ritraggasi chi ancor non fu qui spento. (Tutti partono, fuorché Calbo trattenuto da Erisso.) Calbo, tu m odi. Il mio dover compiuto di duce e cittadin, dover diverso né men sacro or si compia. Ahimè!.. son padre di tenera, leggiadra unica figlia. Appien tu la conosci, e al par di me tu l ami. Or pensa il suo periglio come tremar, come agghiacciar mi faccia. CALBO Com io pur tremo e agghiaccio. ERISSO Seguimi or dunque. CALBO E che far vuoi? ERISSO Mi segui. Presso alla figlia mia del padre il voto ascolterai qual sia. Scena Seconda (Gabinetto di Anna Erisso; una lampada lo rischiara) ANNA Ah! che invan sul mesto ciglio chiamo il dolce oblio de mali. Non ho pace al rio periglio in cui veggo il genitor. E il timor se tace appena, son d amor gli occulti strali onde ognor di pena in pena palpitante ondeggia il cor. Pietoso ciel! ERISSO Figlia… ANNA Che vegg io! Padre, qual grave cura a me nell alta notte sollecito ti guida? ERISSO Il tuo periglio. ANNA Il mio periglio! ahimè! ERISSO M abbraccia, e ascolta. Or che ad estremo disperato assalto il nemico s appresta, io pe tuoi giorni, Anna, pavento. Io sol finora, io fui di tua virtù, dell innocenza tua il consiglio e lo scudo. Or più non basto io solo, or che un istante, un trar di spada può troncar mia vita. ANNA Misera me! Che dici? ERISSO Addoppiar le difese a te d intorno amor mi suggerisce, e un altro braccio a tuo schermo apprestar, che compier possa teco mie veci, ov io cadessi. ANNA Ahi, padre! ERISSO Il tuo secondo difensor sia Calbo. Egli, gran tempo è già, t ama, e no l disse che al padre tuo. Sposa ti chiede. ANNA (fra sè) Lassa! ERISSO E più degno consorte aver giammai, no, non potresti, o figlia. Or vieni al tempio. Là dove il sacro cenere riposa della spenta tua madre, stringer mi lascia un sì bel nodo, o cara, e il mio timor sia spento appiè dell ara. CALBO (fra sè) Che sento! ANNA (fra sè) Io son perduta. ERISSO A che t arresti? CALBO Anna, tu taci? Alto stupor ti leggo in volto espresso. Il tuo bel cor dischiudi al padre ad all amico; e se pur sia che tal nodo tu abborri, il tuo pensiero libera esponi, e me primiero udrai a tua difesa ragionar. ERISSO Che vegg io! Figlia, tu piangi? Oh, qual crudel sospetto in me tu desti! ANNA No, tacer non deggio più il vero omai. Tradirvi non posso entrambi, nè immolar me stessa. Già d altra fiamma accesa. ERISSO Oh, mio rossor! Prosegui. ANNA Indegno, credi, non è d Erisso l amator mio primo. ERISSO Chi è costui? Favella. ANNA Il Sir di Mitilene, il prode Uberto. ERISSO Uberto! E quando il conoscesti? ANNA Allora che tu in Venezia, per due lune e due, ed oro ed armi a dimandar restavi, me lasciando in Corinto. ERISSO Allor? Che ascolto! CALBO Prosegui… ahimè!.. ERISSO Meco in Venezia Uberto venia sul legno istesso; e vi rimase quando a te fei ritorno. ANNA Misera! il ver tu dici? Chi dunque, ahi! meco il nome volle mentir d Uberto? ERISSO Chi sia non so; ma un mentitor fu certo. ANNA, CALBO, ERISSO (fra sè) Ohimè! qual fulmine per me fu questo! Ahi, qual terribile colpo funesto! ANNA (fra sè) Conquisa l anima dal vile inganno, prorompe in lagrime l interno affanno; e il guardo, ahi, misera nel mio rossore non sò più volgere al genitor. ERISSO (fra sè) Conquisa l anima dal vile inganno, il cor mi squarciano ira ed affanno. Ma pur la misera col suo dolor raffrena gl impeti del mio furor. CALBO (fra sè) Conquisa l anima dal vil inganno, il cor mi squarciano ira ed affanno. Non sa la misera nel suo rossor più il guardo volgere al genitor. ERISSO Dal cor l iniquo affetto sveller t è forza, o figlia tanto l onor consiglia. ANNA Figlia mi chiami ancor? Sì, svellermi dal petto il cor saprò se… (Un lontano colpo di cannone interrompe il colloquio. Tutti restano immobili e sorpresi. Breve silenzio. Un grido di allarme si sente poco dopo. Erisso e Calbo pongono mano alle spade e partono precipitosamente senza far motto. Anna li siegue per pochi passi, indi ritorna indietro agitatissima.) ANNA Che avvenne? Oh Dio! Lo strepito della battaglia ascoltasi. Ahi, forse un tradimento nel notturno cimento… Io gelo. Oh, duol! Nel tempio del ciel si voli ad implorar l aita che salvi almen del padre mio la vita. (Parte precipitosamente.) Scena Terza (La piazza della città di Negroponte. A dritta dello spettatore un tempio in fondo una larga via, che sarà disposta obliquamente in guisa che il principio della medesima si nasconde all occhio dello spettatore sulla sua sinistra. La musica da questo momento, finché non giunge Erisso sulla scena, deve sempre indicare il lontano tumulto della battaglia. Di tratto in tratto si odono de colpi di cannone e delle scariche di moschetti. Alcune Donne accorrono allo strepito, incerte ed atterrite, aggirandosi per la scena) LE DONNE Misere!.. or dove, ahimè! volger l incerto piè? Dell armi il rimbombar, de bronzi il fulminar, tutto tremar ci fa. Che mai… che mai sarà? ANNA (Accorrendo anch essa tremante e sbigottita.) Donne, che sì piangete, che avvenne? Deh, rispondete. LE DONNE Al musulman le porte dischiuse un traditor. Tutto già intorno è orror, incendio e morte. ANNA (Sempre più spaventata, corre ad inginocchiarsi avanti il tempio.) Giusto ciel, in tal periglio più consiglio più speranza, non avanza, che piangendo, che gemendo, implorar la tua pietà. LE DONNE (Inginocchiandosi pur esse.) Giusto ciel, in tal periglio più speranza non avanza che implorar la tua pietà. (Sul finir di questa breve preghiera si sente un tamburo, che si accosta. Incomincia a sfilare una parte della guarnigione, attraversando la scena sollecitamente da dritta a manca. Anna ed il coro, vedendo i soldati, sospendono la loro preghiera, ed accorrono verso di quelli. Erisso e Calbo sopraggiungono con le spade ignude.) ANNA Ahi, padre! ERISSO (fra sè) Oh vista! ANNA Ad abbracciarti io torno. Narra. ERISSO Fuorchè l onor, tutto è perduto. Ogni speranza un traditor invola. Sulle mura è il nemico, e grazie al cielo or io sol porgo, che d occulti inganni temendo Maometto, il corso arresta di sua vittoria e attender vuole il giorno. Or, miei fidi, alla rocca. ANNA Oh, padre mio, fermati… ascolta. ERISSO Udir non posso. Addio. Figlia, mi lascia. Io volo ove il dover m invita. Dal pianto tuo tradita la patria non sarà. ANNA Padre! E in tal periglio e duolo lasciar tu puoi la figlia? Qual nume a te consiglia cotanta crudeltà? Teco venir… ERISSO T arresta, seguir non dei tu il padre. ANNA Qual dura legge è questa! ERISSO Sol le raccolte squadre sull alta rocca andranno a far le prove estreme d intrepido valor. ANNA, LE DONNE E noi qui fuor di speme, dover tiran ci lascia dell onta al nuovo orror? CALBO Mira, signor, quel pianto, e cangia il tuo consiglio. Le invola a tal periglio parli al tuo cor pietà. ANNA Vedrai su quelle mura pur noi pugnar da forti, vibrar pur noi le morti; far siepe i nostri petti a tuoi guerrieri eletti, e in essi il nostro esempio valore accrescerà. Padre, ti muova il pianto a men crudel consiglio. M invola al rio periglio, parli al tuo cor pietà. ERISSO Le voci di natura tutte nel cor già sento; ma in sì crudel momento delitto è la pietà. Ma indarno or voi piangete, donne, al destin cedete. Se i voti vostri ascolta la cieca mia pietà, con voi la fame accolta da miei guerrier sarà. Pietà sì dura e stolta chi a me consiglierà? Partiam, guerrieri… Addio LE DONNE Mira, signor, quel pianto e cangia il tuo consiglio. C invola a tal periglio, parli al tuo cor pietà. ERISSO Invola al rio periglio, parli al tuo cor pietà. ANNA Ahi padre! ah padre mio; de barbari all oltraggio così lasciarmi? ERISSO O cara, prendi il pugnal. Retaggio paterno a te sia questo in giorno sì funesto. Va , corri appiè dell ara, e pria che in te la mano distenda il musulmano… Figlia… ANNA Prosegui… ERISSO Addio. ANNA Dicesti assai. T intendo. Vedrai che appien somiglia al genitor la figlia, e pria che in me la mano distenda il musulmano, questo pugnal da forte nel cor m immergerò. ERISSO (fra sè) In sì crudel tormento squarciarmi a brano a brano, misero, il cor mi sento. O patria, a te qual figlia vittima immolerò! ANNA (fra sè) A sì crudel tormento squarciarmi a brano a brano, Ah Dio! il cor mi sento. Ahi, qual perversa sorte Il ciel mi destinò! CALBO (fra sè) In sì crudel momento squarciarmi a brano a brano in petto il cor mi sento. Misero, ahi, qual consorte il fato m involò! LE DONNE (fra sè) A sì funesta scena attonita, gemente, fra meraviglia e pena mancarmi il cor mi sento. Ahi, per qual empia sorte, dal figlio, dal consorte dividermi dovrò! (La musica ed il canto cesseranno ad un tratto. Erisso ed Anna si abbracciano teneramente. Calbo cade appiè di Anna, che gli porge la mano. Intanto alcune delle donne del coro corrono ad abbracciare taluni fra soldati, in attitudine di madri o di spose. Ricominciando la musica tutti si separeranno, dandosi a vicenda l ultimo doloroso addio. Erisso e Calbo partono per la rocca. Anna, seguita dalle altre donne, si ritira nel tempio) Scena Quarta (Giorno. Una schiera di cavalieri musulmani sopraggiunge entrando dalla dritta dello spettatore; si arresta alquanto per riconoscere qual via debba trascegliere per inseguire i fuggaschi. Indi al segnale del comandante si avvierà per la via grande che mette capo in fondo del teatro. Incominciasi ad ascoltare da lontano il suono delle bande turche. Dopo un istante la schiera di cavalleria ritornerà, girando a sinistra dello spettatore, sulle tracce di Erisso. Sopraggiunge buon numero di soldati turchi, alla rinfusa ed armati di faci) I SOLDATI MUSULMANI Dal ferro, dal foco nel sangue sommersa l avversa città al mondo suo scempio esempio sarà. Che all urto invincibile del nostro valor periglio è resistere con cieco furor. (Verso la fine del coro sopraggiunge Maometto alla testa delle sue truppe, e circondato da tutta la pompa militare ed asiatica. Alcuni de suoi soldati fanno sembiante di volere appiccare il fuoco agli edifizi ed al tempio. Maometto con un cenno gli arresta. Egli pone piede a terra, seguito dal suo visir Selimo e dagli altri generali. Tutti si prostrano, attendendo i suo ordini) MAOMETTO Sorgete, in sì bel giorno, o prodi miei guerrieri, a Maometto intorno venite ad esultar. Duce di tanti eroi crollar farò gl imperi, e volerò con voi del mondo a trionfar. I SOLDATI MUSULMANI Del mondo al vincitor eterno plauso e onor! MAOMETTO Compiuta ancor del tutto la vittoria non è. La tua falange, Acmet, conduci ad assalir la rocca dall oriental pendice, ov è men forte. Con l altre schiere intanto starommi io qui della città nel centro ad ogni uopo ed evento. (Acmet parte con alcuni soldati.) De fuggenti nemici Omar sull orme, per obliqui sentieri, corse già ratto co suoi mille arcieri, ed ampia strage egli faranne al certo. SELIMO Signor! Di Negroponte le vie pur anco a te son note? E come? Il ciel t inspira, o qui stranier non sei? MAOMETTO La conquista di Grecia, è a te ben noto che il mio gran padre ei pur rivolse in mente. Quindi in mentite spoglie ad esplorarne i lidi i più scaltri inviò fra suoi più fidi; e me fra quelli, ed Argo e Negroponte e… Corinto percorsi… ah! SELIMO Tu sospiri! MAOMETTO Sospiro io, sì, nel rammentar Corinto. SELIMO Forse… MAOMETTO Non più. Ma quel tumulto è questo? (Alcuni Guerrieri ritornano in fretta dalla sinistra dello spettatore, e cantano il seguente ) I SOLDATI MUSULMANI Signor, di liete nuove nunzi noi siamo a te. I nemici fuggenti, sorpresi, ed avviliti caddero in parte estinti; e in duri ceppi avvinti or sieno a te guidati i duci invan frementi. Il prode Omar già muove ad incontrarti il piè. MAOMETTO Oh gioia! Alfin vi tengo veneti alteri, audaci e sempre infidi vi tengo alfin. Compiuto è il mio trionfo. Come in Bisanzio, il mio destrier qui ancora nuotar nel sangue cristiano io vidi. Or colle fronti nella polve immerse vedrò pur voi, duci orgogliosi… e vinti. Ciò sia più grato che il mirarvi estinti. I SOLDATI MUSULMANI Il prode Omar già muove ad incontrarti il piè. Scena Quinta (Omar seguìto da suoi soldati, conduce incatenati Calbo ed Erisso, i quali si presentano con dignitoso contegno) MAOMETTO (Con ironia) Appressatevi, o prodi. Ammirarvi d appresso alfin m è dato. Del veneto valor la fama antica per voi s accrebbe, e a queste mura intorno ne fan tacita fede de miei guerrier ben dieci mille uccisi. Compiuto è il dover vostro, il mio comincia. Un esempio tremendo in voi dar voglio a chi, senza sperar soccorso o scampo, ogni patto ricusa per sol diletto di versar del sangue. Atroce, inaudito supplizio sia mercé del vostro ardire. ERISSO Quest ultimo tuo detto m accerta alfin che parla Maometto. Or la risposta ascolterai d Erisso. MAOMETTO Erisso! (fra sè) Oh ciel! (ad Erisso) Sei forse tu l istesso che già duce in Corinto? ERISSO Io son quel desso. Ed in Corinto e in Negroponte, e ovunque il tuo furor ti tragga, infin ch io viva, mi scorgerai tu sempre starti intrepido a fronte colla morte sul brando; e se convien che pera, fra i più fieri tormenti, intrepido del pari a Veneti pur sempre porger di fede e di fortezza esempio. MAOMETTO Sta ben. Ma dimmi, Erisso… Non sei padre? ERISSO (fra sè) Che ascolto! (A Maometto) E come, e donde il sai? MAOMETTO Te l chieggo. ERISSO Cittadin son io, sol cittadino in questo istante. (sottovoce) Ahi, Calbo! Mi ricorda il suo dir l amata figlia. Costanza, o cor. MAOMETTO Benché nemico, Erisso, d assai miglior destino degno tu sei; lo veggo ed io te l offro. Un accento e sei salvo, e teco il prode, che stringi or fra le braccia. Odi e risolvi. Riedi appiè della rocca. Parla a guerrieri, che son chiusi in quella la stoltezza e il periglio d inutile difesa ad essi esponi, e che mi schiudan quelle porte imponi. Tutti sien salvi, il giuro. E se a te piace la patria riveder potrai con essi, e rieder lieto a filiali amplessi. ERISSO (fra sè) Giusto ciel, che strazio è questo! Nel propormi un tradimento sempre i figli a me rammenta. trafiggendomi nel cor. (A Calbo) Ah! in momento sì funesto, Calbo, or, deh, per me rispondi, ed a lui quel pianto ascondi che or tradisce il genitor. CALBO Alla rocca andrem, se il vuoi. Parlerem con quegli eroi, ma direm che presso a morte noi serbiam pur l alma forte. La risposta, intendi, è questa. Se or ti piace, il rogo appresta ed appaga il tuo furor. ERISSO (fra sè) Dolce figlia, ove t aggiri? Ah, chi sa se ancor respiri, se abbracciarti io posso ancor! MAOMETTO Sconsigliato, a che non taci? Frena, o stolto, i detti audaci. Con chi parli non rammenti, e il mio sdegno non paventi? Tu rispondi, Erisso, e trema, questa fu la volta estrema che parlommi al cor pietà. ERISSO Già tacendo a te risposi co suoi detti generosi. CALBO, ERISSO È lo stesso in ogni core il consiglio dell onore; e non v ha che un sol linguaggio per il forte e per il saggio, e tal sempre il mio sarà. MAOMETTO (fra sè) Io mi sento dal dispetto lacerato il cor nel petto. De supplizi al fiero aspetto forse un tanto ardir cadrà. (Ad Erisso) Decidesti? ERISSO Io già risolsi. MAOMETTO Tu m insulti, indegno, e l osi? ERISSO E non v ha che un sol linguaggio per il forte e per il saggio; e tal sempre il mio sarà. CALBO È lo stesso in ogni core il consiglio dell onore; e tal sempre il mio sarà. MAOMETTO (fra sè) De supplizi al fero aspetto forse un tanto ardir cadrà. (in alta voce) Guardie, olà, costor si traggano a supplizio infame, atroce. Obbedite… Scena Sesta (Le Guardie circondano Erisso e Calbo e li trassinano. Anna si precipita dal tempio, su passi loro, dando un grido di dolore. Le altre donne la sieguono) ANNA Ah, no! MAOMETTO Qual voce! ANNA Padre mio! ERISSO Figlia! MAOMETTO Che veggio! ANNA (Accorrendo verso Maometto.) Al tuo piede… oh ciel, vaneggio! MAOMETTO Anna! ANNA Uberto! oh rossor! ERISSO Che colpo è questo! (Tutti rimangono attoniti e muti nell atteggiamento della sorpresa, della vergogna o del dolore, secondo la circostanza di ciascuno.) ANNA (fra sè) Ritrovo l amante nel crudo nemico. Qual barbaro istante! Che penso? che dico? Oh morte, te imploro rimedio, ristoro a tanto dolor. ERISSO (fra sè) Amante la figlia del crudo tiranno! Deh! chi mi consiglia! Qual barbaro affanno! Oh morte, te imploro rimedio, ristoro a tanto dolor! MAOMETTO (fra sè) Risento nel petto all alma sembianza d un tenero affetto l antica possanza. Qual magico incanto quel ciglio, quel pianto, quel muto dolor! CALBO, LE DONNE (fra sè) Il padre fra l ira ondeggia e l affanno, la figlia delira pel barbaro inganno. Oh cielo, te imploro tu porgi ristoro a tanto dolor. SELIMO (fra sè) Quel ciglio, quel pianto e muto dolor, qual magico incanto ha sul vincitor! I SOLDATI MUSULMANI (fra sè) Il duce all aspetto d inerme beltà, risente nel petto la spenta pietà! Qual magico incanto, quel ciglio, quel pianto ha sul vincitor! ANNA (A Maometto) Rendimi il padre, o barbaro. Il mio… fratel, deh rendimi… o ch io saprò trafiggermi con questo ferro il cor. (Cavando fuori il pugnale.) CALBO (fra sè) Fratel mi chiama! oh tenera! Oh dolce amica! ANNA (A Maometto) E tacito ancor tu resti? (Fa cenno di uccidersi.) MAOMETTO Arrestati, arrestati, dilegua il tuo timor. (Scioglie egli stesso le catene d Erisso e di Calbo.) Padre e fratel ti rendo. Comprendi a sì bel dono che un barbaro non sono, ma fido amante ognor. ERISSO Quei ceppi a me rendete, la morte io solo attendo. Pietosi mi togliete a tanto mio rossor. ANNA Padre… ERISSO Da me t invola. ANNA M ascolta… CALBO (Ad Erisso) Ti consola. Misera ella è, non rea. ANNA Chi preveder potea inganno sì crudel! MAOMETTO (Ad Anna) Fra l armi in campo io torno, cara, ma al mio ritorno altera e lieta omai, al fianco mio vivrai, se ancor mi sei fedel. ANNA (fra sè) Dal rimorso, dal duol, dal tormento lacerato mi sento già il cor. Ah! perché fra le spade nemiche a perir disperata non corsi! Or da quanti tormenti e rimorsi straziata quest alma sarà. ERISSO, CALBO (fra sè) Ah perché fra le spade nemiche non mi trassi a perir disperato; trionfando del barbaro fato, involandomi a tanta viltà. MAOMETTO (fra sè) Agitata, confusa, tremante, non risponde. Qual dubbio! qual lampo! Forse infida… Di sdegno già avvampo. Ma svelato l arcano sarà. LE DONNE (fra sè) Agitata, confusa, tremante non risponde. Mirarlo non osa. Fra l amante ed il padre dubbiosa fra l inferno ed il cielo si sta. I SOLDATI MUSULMANI (fra sè) Agitata, confusa, tremante non risponde. Mirarlo non osa. Fra l amante ed il padre dubbiosa all evento improvviso si sta. Rossini,Gioachino/Maometto secondo/II
https://w.atwiki.jp/arial/pages/219.html
#blognavi さー、GvしかROしてないこのごろでございます(^^; (なんか回線の調子が悪くてよく切れるため、やる気にならないのよね・・・ さて、本日は1日なので時間作って映画行って来ました。 宇宙戦争 バットマンビギンズ ぶっちゃけバットマンのが燃えました(^^; 今までとはぜんぜん違いますね。話の重さとか雰囲気とか。 お勧めデス。 ダコタ・ファニングはやっぱりすごかったのでトム・クルーズファンとしては ちと物足りない気もします。 お話は・・・ (お察しください 後で細かいこと追加する予定。 ・・・とか書いておきながら、本日既に6日だったりする不思議(^^; 思い出した細かいこと追加。ネタバレ含むので例によって反転仕様デス。 バットマン ビギンズ 主人公ブルースが両親を殺されたことからひねくれるけど、彼女?に諭されて動き出すのですが、 悪を知るには、一緒に悪をやってみるしかないということで、悪いことして捕まったりするのがなんとも・・・ 勧善懲悪を目指す組織が出てくるわけですが、渡辺謙が棟梁やってたりします。 でも、この組織・・・ちょっとしたことで壊滅。渡辺謙扮する棟梁もあっさり死亡・・・ってぉぃ! とか思ってたら、最後の方でどんでん返し。(いや予想はしてたけど・・・ 今回はのバットモービルは、はっきり言ってタンクです。 ごっついタイヤで街中でチェイスしますが、これもいいなぁとか思いました。 全体的にみて、典型的なつくりなのですが、今までとは雰囲気もかなり違って大変よかったと思いました。 宇宙戦争 離婚した妻が連れて行った子供二人を預かるところからスタート。うーん御約束。 今回の宇宙人はちょっと出てきません。 母船も出てきません。 戦闘シーンもありません。 トムクルーズ扮するおとーさんが大活躍するわけでもありません。 どっちかというと、子供との間で苦悩する父親を地でいってます。 アクションシーンとかも無いですしね。 やっぱり子役の、ダコタ・ファニングがいい味を出しているので、その辺りはらはらします。 でもね・・・ でもね・・・・・・ ずーーーーーっと昔から地球を狙ってた宇宙人が、いざ侵略となったときに 細菌に負けちゃいました!!ってのはやって欲しくなかった_| ̄|○ 一気に興ざめしちゃいました。 宇宙人はまだ元気だけど、家族でこれからがんばる とか、 子供はちゃんと届けた父親を悲しそうに見送る子供達 で終わるとか そっちの方がよかったきもしました。 以上。 つらつらと書いてみました。 見た人によって感想変わるから、鵜呑みにしないでくださいませ♪ カテゴリ [映画] - trackback- 2005年07月01日 09 42 49 名前 コメント #blognavi
https://w.atwiki.jp/spacecowboy/pages/113.html
●Rock emperor Lv??? ドロップアイテム Stdウェポン: Advウェポン: Charisma of Emperor エンジン: Accounter MU-2 / Eurostar XLII CPU: Town Square PS FG-6A レーダー: その他: Exorcist Binder 攻略等
https://w.atwiki.jp/openmusic/pages/128.html
MIDI- CROSS Arguments midifile optional legatime arpegtime releastime staccatime toltime [generic-function] Transforms the output of a MidiFile into a pitch/duration Cross-Alphabet sequence. input a MidiFile object from a midifile box, or a list from a mf-info box. an integer or nil maximum legato time, in ms. if nil no time constraints for legato filter. an integer minimum arpegio time, in ms. an integer or nil maximum release synchro time, in ms. if nil infinite release-synchro. an integer or nil maximum staccato time, in ms. if nil no time constraints for staccato filter. an integer time tolerance of quantization, in percent. output a list of polyphonic slices. The cross-alphabet sequence is a list containing sublists of the form (... ((c1 c2 ... cn) d) ...) where the ci are either 0 (empty canal) or a list of the form (p1 p2 ... pm) where the pi are pitches in midicents and d is a duration in ms. Each of this sublist encodes a polyphonic slice, containing a set of canals - which are sets of superposed pitches - and lasting for a certain duration. The concatenation of all these slices is musically equal to the original midi sequence. This representation captures the essentials of the polyphonic/rythmic structure of the midifile. It is thus convenient to be given as input to the LZify function if you want to build a statistical model of a polyphonic piece from a midifile. If you use then LZgenerate or its variants to generate an improvisation of the piece, you'll get again a pitch/duration cross-alphabet sequence. Then you'll need a function such as cross- to put your data back into a musical form. Filters are designed to simplify the alphabet of symbols and the dictionnary of patterns Each time a new note is activated, the legato filter inspects the continuation of the sequence until the release of this note or until legatime msec. Any note that has been activated before the new note and that is released during the inspected part will then be released just when the new note is activated. Therefore, this filter discards intermediate states where two juxtaposed notes are superimposed during a very short time. Each time a new note is activated, the arpeggio filter inspects the continuation of the sequence until arpegtime msec. Any note that was due to be activated during the inspected part will in fact be activated just when the former note is activated. Thus, this filter synchronizes arpeggios. Each time a note is released, the release synchro filter synchronizes all the following releases until the activation of a new note or until releastime msec - at the date of the first release. Thus, this filter synchronizes note releases. The staccato filter removes each release period, between two played periods, that lasts less than staccatime msec. Finally, the duration of each symbol is quantified with the help of an OMKant Library function make-regular. This function accepts one particular parameter, here toltime , which specifies the percentage of error that is tolerated during the quantization.